TORINO – 14 AGOSTO: Corso Brunelleschi: la Croce Rossa nega l’acqua

Poco fa, un ragazzo si e’ ferito gravemente sbattendo la testa contro la porta, c’e’ molto sangue per terra e la Croce Rossa non fa nulla, anzi ride e scherza e manda affanculo i reclusi.
In più da questa mattina la Croce Rossa nega l’acqua a chi è in sciopero della fame: o mangiate e bevete, dicono, oppure nulla.

Vi invitiamo a continuare a telefonare al centro per protestare. C’è un numero nuovo, rispetto al solito: 0115589918.

E poi i soliti numeri:

0115588778 0115589815

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MILANO – 14 AGOSTO: Arresti al CIE di via Corelli

Ultim’ora dal Centro di via Corelli. La polizia, già ieri sera, ha arrestato 14 dei rivoltosi per resistenza, incendio doloso e per altri capi d’imputazione. Cinque donne – tutte nigeriane – e dieci uomini di varia nazionalità. I compagni solidali ieri sera hanno provato a mettersi in mezzo per impedire il trasferimento in carcere degli arrestati, ma purtroppo senza risultati: ora sono in tribunale e sono riusci a vedere e salutare gli arrestati. Le udienze sono in corso.

A presto aggiornamenti.

macerie @ Agosto 14, 2009

 

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TORINO – 14 AGOSTO: Rivolta in corso Brunelleschi

Il secondo giorno di sciopero della fame al Cpt di corso Brunelleschi è già un giorno di rivolta. Dopo aver rifiutato il cibo a colazione e a pranzo, i reclusi nel pomeriggio cominciano a gridare tutti assieme «libertà! libertà!». Esasperati dalle condizioni di reclusione, preoccupati per la salute di alcuni reclusi svenuti per i primi effetti dello sciopero della fame, in contatto con il centro di via Corelli a Milano in lotta da giorni, resisi conto che l’estensione a 180 giorni di reclusione li colpisce direttamente, rincuorati da un rumoroso presidio improvvisato fuori le mura, dentro cominciano a spaccare il primo ostacolo che li separa dalla libertà: le porte. La polizia, che da ieri gira in tenuta antisommossa, carica. E per ben due volte i reclusi tengono, non fuggono, resistono. Alla terza carica la polizia e i militari riescono a sfondare, e picchiano giù duro. Nel frattempo, il presidio fuori viene disperso da poliziotti e alpini. In serata, la situazione si tranquillizza, e la polizia vuole l’ultima parola, con una specie di perquisa con cani e macchine fotografiche.

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MILANO – 13 AGOSTO: Rivolta e repressione in via Corelli

Dopo avere scoperto che a moltissi di loro è stato prorogato il termine di uscita dal Centro di altri due mesi, i reclusi di Corelli hanno dato vita ad una nuova sommossa. In questo momento la polizia in assetto antisommossa sta usando gli idranti e tenta di entrare nelle gabbie. Forse alcune detenute sono state picchiate.

Dopo due tentativi di assalti c’è un momento di calma, poi la battaglia riprende.

Alla fine, la polizia riesce ad entrare nelle camerate, e ritorna “la calma”. Ci sono vari feriti e sostanzialmente non ci sono notizie delle donne: nella loro sezione c’è ancora tensione, sono terrorizzate e hanno paura di parlare. Ascoltate le drammatiche testimonianze che abbiamo raccolto alla fine della battaglia, testimonianze di due reclusi che ora sono rinchiusi in due stanze differenti.

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MILANO e TORINO – 13 AGOSTO: La giornata di oggi nei CIE

Prosegue lo sciopero della fame nel Centro di via Corelli, a Milano, dopo la sommossa di ieri e prosegue anche in corso Brunelleschi, in due aree del Centro. Qui a Torino la polizia sembra aver cambiato definitivamente abbigliamento e da questa mattina gli agenti circolano tra le gabbie in tenuta antisommossa – che non si sa mai. Intanto la Prefettura di Gorizia ha promesso a gran voce deportazioni celerissime per i protagonisti della rivolta di Gradisca d’Isonzo di sabato scorso che ieri sono stati trasportati in massa in via Corelli. Segnaliamo un bel particolare sulla sommossa di Gradisca: la capienza del Centro è passata da 248 a 194 posti grazie alla furia distruttiva dei reclusi in rivolta, e rimarrà così almeno per un po’. E questo vuol dire che 54 senza-documenti nei prossimi giorni non saranno portati nel Centro per mancanza di spazio e dovranno essere lasciati in libertà.

macerie @ Agosto 13, 2009

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ROMA – 12 AGOSTO: L’inferno di Ponte Galeria

E’ sempre tutto esaurito, stracolmo. Non è una sala del cinema dove si vedono sorrisi ed allegria, non è neanche una galera. E’ molto peggio. Un lager al centro d’Italia, nella capitale, “un posto farabutto, una discarica umana, dove ogni diritto è sospeso” disse Peppe Mariani, consigliere Regionale e presidente della Commissione Lavoro e politiche sociali del Lazio in un intervista a “Roma Today”, esprimendosi sul CIE di Ponte Galeria dopo una sua inaspettata visita dentro il centro. Sono affollati all’inverosimile, le famiglie vengono divise e le condizioni di vita sono difficili, troppo difficili per sopportare una vita simile.

Un sopralluogo a sorpresa in qualsiasi CIE d’ Italia e si potrebbe scoprirne la zona di orrore, quella della disperazione e della violenza. Tutto ciò a pochi passi dal nostro vivere quotidiano. Qualcuno è scettico e non riesce a credere in ciò che si racconta dei CIE, qualcun altro è indifferente con un cuore di ghiaccio. Spesso le autorità nascondono ciò che succede in quei posti orrendi, senza provare a dimostrare il contrario di ciò che si racconta, perché non ci sono prove per dimostrare l’efficienza dei centri. Tutto finisce in un tombale silenzio. Nessuno vuole far sapere ciò che accade lì dentro, è troppo rischioso, è troppo disumano,”le parole non bastano per descriverla. Si tratta di una struttura vergognosa, tenuta malissimo, sporca, dove l’igiene non esiste, dove il fetore rende l’aria irrespirabile, dove manca l’acqua, dove le persone non vengono assistite da un punto di vista sanitario, dove persino il cibo è scarso. Strutture del genere non dovrebbero esistere in nessuna parte del mondo.” Diceva Peppe Mariani.

E lì dentro, ci sono donne e uomini che non hanno mai commesso reati, sono in attesa di essere identificati e rispediti da dove sono scappati, per aver subito violenza fisica, economica e morale. Ora, queste persone potranno restare in quei lager fatiscenti anche per sei mesi e non oso immaginare cosa succederà lì dentro. “Mi chiedo: che senso ha una struttura umanitaria come la Cri all’interno del Cie se poi di umanitario lì dentro non c’è niente? L’assistenza sanitaria è inesistente. La struttura per di più costa una barca di soldi, senza produrre niente per la società.” Ribadiva Peppe Mariani.

Spesso ci si sente dire che alcuni settori non sono consentiti neppure al Garante dei detenuti. Ma chi può entrare e cosa nascondono per non portare alla luce del sole i loro segreti? In quelle doppie file di sbarre alte oltre tre metri e dentro stanze come tane per orsi, fatiscenti, urlano gridano e piangono uomini privi della loro libertà. Chi varca quei cancelli non ha i diritti che spettano ai detenuti né la dignità che spetta a ogni essere umano. Ponte Galeria è la sospensione della vita ed ogni detenuto deve sottostare alle regole dei loro carcerieri. “Man mano che giovani e meno giovani, nigeriani e bosniaci, rom e richiedenti asilo, tunisini e est europei ci si facevano incontro per parlare, raccontare, spiegare, chiedere, il funzionario di polizia Baldelli ha cominciato a spingerli, a intimare loro di farsi da parte, ci ha tolto di mano la penna con la quale stavamo prendendo appunti, ha preteso che gli consegnassimo il blocchetto, ci ha spinto verso l’uscita.” è il racconto di alcuni funzionari regionali in visita all’interno del CIE. Sempre questi ultimi raccontano che qualcuno si diverte su di loro, e non mancano toni deridenti “a un giovane che si lamentava di non poter nemmeno comperare un deodorante, Baldelli ha risposto, noi testimoni: Ma a cosa serve a te un deodorante?” racconta Meltingpot nella nota dal titolo “Lo sceriffo di Ponte Galeria”.

Le violenze all’interno dei CIE sono continue, testimoniate da tantissimi fatti di cronaca che raccontano storie raccapriccianti. Qualcuno non riesce a sopportare simili vessazioni e preferisce togliersi la vita piuttosto che consegnarla ogni giorno alle mani di un carceriere. Tutti ricordiamo il suicidio di Mabruka Mimuni, una donna tunisina di 49 anni che era in Italia da 20 anni. La donna il giorno prima alle sue compagne detenute rivelò: “Piuttosto che tornare nel mio Paese mi ammazzo. Mi vergogno troppo per quello che mi è successo”. Poi, di mattina, la scoperta del corpo senza vita. Si era ammazzata impiccandosi con una maglietta nel bagno della sua stanza.“Le condizioni esistenti all’interno dei Centri di identificazione ed espulsione sono incompatibili con i diritti umani. Il suicido della ragazza tunisina conferma questa realtà che ho visto con i miei stessi occhi durante la visita al Cie di Ponte Galeria di qualche mese fa” commentò così la presidente della Commissione Sicurezza e Legalità della Regione Lazio Luisa Laurelli.

Questo è stato uno dei tanti suicidi avvenuti all’interno dei CIE, molti di essi, a causa delle continue percosse che subiscono e della mancata libertà. Giovedì 25 Giugno l’ANSA riportava in una nota un pestaggio da parte delle forze dell’ordine nei confronti di quattro nigeriani, “ospiti” (così li chiamano) del Centro di identificazione ed espulsione. Questo fatto è stato raccontato da un giovane magrebino, anch’egli ospite del centro. I quattro nigeriani, dopo l’episodio, sono stati portati via ancora sanguinanti, senza sapere dove fossero stati trasportati. Ma questa notizia all’opinione pubblica non è arrivata.

Le sparizioni spesso sono denunciate dai migranti, il più delle volte rimangono inascoltate da chi può fare veramente qualcosa di concreto. Solo pochi giorni fa alcuni migranti reclusi nel CIE, hanno denunciato il pestaggio e la sparizione di un loro compagno, telefonando ad una radio, ma nessuna televisione di stato ne ha parlato, continuando a stare in silenzio per colpa di una politica faziosa ed arrogante.Questi abusi dei diritti umani invece, dovrebbero essere da prima pagina e dovrebbero indignare ogni singolo cittadino. Il racconto è apparso nel web da martedì scorso, quando un gruppetto di algerini era stato appena trasferito nel CIE di Roma da Bari. Tra di loro c’era anche un ragazzo gravemente malato di cuore, che durante la notte si lamentava e protestava. Alcuni carcerieri lo hanno portato in infermeria e poi nella cella di sicurezza senza procurargli i farmaci che doveva prendere ogni giorno. Nella cella di sicurezza, lo massacrano di botte per le sue continue lamentele. Durante la notte si sente malissimo, e il malato lascia il Centro a bordo di una ambulanza. La mattina dopo i suoi amici, che stanno raccontando in giro gli avvenimenti della notte, vengono raggruppati e portati via, in “isolamento” nel reparto delle donne.
Il CIE è divenuto un contenitore dove infilarci gli immigrati e tutti gli indesiderati, un perfetto lager del XXI secolo. Sporco, stracolmo e violento, senza che mai nessuno si sia degnato di aprire un fascicolo o di effettuare controlli seri e determinati. Chi esce fuori dal lager racconta che sono esperienze dure e rivelatrici, però senza nessuna sorpresa. Luigi Nieri in un articolo ha raccontato ciò che hanno visto i proprio occhi all’interno del CIE, “ un ragazzo brasiliano, nato a Roma, portato qui al compimento del 18° compleanno, che presto sarà spedito in Brasile, un Paese in cui non è mai stato. O quello di una donna maghrebina che, dopo aver scontato la sua pena a Rebibbia, ora è “detenuta” a Ponte Galeria. Ho visto, inoltre, un uomo anziano, in gravi condizioni di salute, sdraiato sul letto. Ogni volta per andare in bagno deve farsi aiutare da quattro persone. Non è questo il luogo in cui deve stare, questa struttura non è attrezzata a offrirgli adeguate cure mediche.”

Andrea Onori

http://periodicoitaliano.info/2009/08/12/linferno-di-ponte-galeria/

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MILANO e TORINO – 12 AGOSTO: Rivolta in via Corelli e sciopero a Torino

Due nuove fiammate si alzano dai Centri d’Identificazione ed
Espulsione dopo l’entrata in vigore del “Pacchetto Sicurezza”. Intanto
in via Corelli, a Milano. Lì lo sciopero della fame oggi è arrivato al
quinto giorno: la protesta era partita venerdì sera come sciopero
della fame e della sete, e si era subito collegata con la
mobilitazione già in corso a Roma e poi con la sommossa di Gradisca
d’Isonzo del giorno successivo.

Oggi una trentina di antirazzisti si è recata di fronte al Centro, per
chiedere all’amministrazione un incontro con gli sioperanti e
consegnare loro delle bevande. Quando l’amministrazione ha negato
l’incontro, dentro è scoppiata la sommossa: prima una battitura, e poi
l’incendio di lenzuola e cartoni e poi una serie di danneggiamenti (in
particolar modo contro le porte che impediscono ai reclusi di uscire
all’aperto durante le ore notturne) . La polizia decide di non
intervenire, a differenza di altre volte, e fuori i solidali danno
vita ad una battitura solidale durata tre ore.

E proprio alla fine di questo pomeriggio di protesta a Milano è giunta
la notizia dell’estensione dello sciopero della fame in corso
Brunelleschi, a Torino. E poi, un incontro importante: e già, perché
trentaquattro dei rivoltosi di Gradisca sono stati trasferiti proprio
oggi a Corelli, in vista dell’espulsione, ed hanno potuto conoscere di
persona i propri compagni di lotta milanesi con i quali erano già in
contatto da giorni.

Proprio nel mezzo della sommossa di Corelli, anche i reclusi di corso
Brunelleschi hanno scelto di scendere in campo, rifiutando la cena.
Appena la polizia si accorge che qualcosa non va, comincia a
circondare le gabbie con i manganelli temendo una rivolta. Ma la voce
si sparge e i solidali da fuori cominciano a telefonare al centralino
del Cie per protestare (”Ci hanno chiamato in milioni” – si lamentano
dal centralino della Questura). La polizia si ritira in buon ordine.

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ROMA – 10 AGOSTO: La visita dei parlamentari a Ponte Galeria

Ma come funzionano le visite dei Parlamentari e dei giornalisti dentro ai Cie italiani? Come fanno a controllare che non ci siano maltrattamenti, che si mangi in maniera decente, che i cessi funzionino, che non ci siano troppi topi, che nessuno “scompaia” misteriosamente…

Semplice: si va nella stanza del direttore del Centro, un paio di domande a lui e poi qualcuna anche ad un paio di reclusi. Reclusi che sceglie il direttore, ovviamente: i suoi pupilli. Presi un po’ di appunti, si distribuisce qualche pacca sulle spalle e poi fuori all’aria aperta: pizza e comunicato stampa. “Nel Cie va tutto bene. Forse c’è un po’ di sovraffollamento, ma la direzione fa del suo meglio per assicurare una permanenza decente agli ospiti…”

Il racconto, in realtà, è inesatto. Perché due giornalisti un giretto se lo sono fatto – e senza Parlamentari – ma solo nella sezione femminile. “Delle occhiatacce” – ci hanno raccontato alcune detenute al telefono – “delle occhiatacce ci davano i crocerossini per farce stare zitte”. E invece le donne non sono state zitte e hanno portato i visitatori anche dentro alcune camerate. “Rosicavano, i crocerossini, rosicavano, soprattutto quando questi hanno cominciato a fotografare”. Tanto che in serata nelle camerate si temevano vendette. Che per ora, per fortuna, non ci sono state.

11 agosto. Ed eccoli i risultati della visita di Vincenzo Vita e dei giornalisti a Ponte Galeria, sulla prima pagina de “La Repubblica”. Il Centro è affollato, ma non così tanto come denunciava la settimana scorsa il Garante dei detenuti. Un “piccolo giallo”, secondo i giornalisti del quotidiano romano. Evidentemente nessuno li ha informati che una cinquantina di reclusi – soprattutto centroafricani – sono stati rilasciati nei giorni scorsi, improvvisamente e in blocco, forse proprio in vista della loro visita. E poi è vero che le lenzuola della sezione femminile sono sporche, ma nell’articolo non c’è traccia né di topi, né di merda che trabocca né di vermi nel cibo, né di guardie che ti pigliano per il culo quando ti lamenti: eppure sono proprio questi i leitmotiv dei racconti delle recluse. E soprattutto, la settimana scorsa non è successo niente: nessun pestaggio, nessun recluso portato all’ospedale, nessun gruppo di algerini messi in “isolamento”. Non una riga su questo, neanche per smentire questi racconti che da dietro le sbarre sono stati urlati per giorni interi. Intanto il tempo passa e le voci che ce li hanno portato sono sempre di meno. Dopo l’espulsione degli algerini compagni di viaggio dello scomparso, infatti, questa mattina all’alba la polizia ha deportato J., la cui voce avete ascoltato tante volte su questo sito.

macerie @ Agosto 10, 2009

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GORIZIA – 9 AGOSTO: Gradisca in lotta

Si allarga la protesta nei Cie contro l’entrata in vigore delle norme del pacchetto sicurezza. Ed è la volta di Gradisca d’Isonzo, e questa volta è una sommossa: tutti sul tetto. Intanto, a Milano e a Roma prosegue la mobilitazione. Da Roma arriva un altro particolare, inquietante. Lunedì sera, gli algerini arrivati nel Centro da Bari Palese erano in quindici. Quelli rimpatriati l’altro giorno, dopo essere stati tutta la settimana in isolamento, quattordici. Ne manca uno: un elemento in più che conferma la convinzione dei reclusi che il malato di cuore scomparso in realtà sia morto.

Su Gradisca vi riportiamo qui sotto il testo di un lancio di agenzia, ma prestissimo vi offriremo un racconto di prima mano.

GRADISCA D’ISONZO (GORIZIA) – Si è conclusa poco prima delle due, senza feriti ma con molti danni alle suppellettili e alla struttura – secondo quanto si è saputo dalla Questura di Gorizia – la protesta scoppiata ieri sera nel Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Gradisca d’Isonzo. Per alcune ore, più di metà degli oltre 200 immigrati che si trovano attualmente nel Cie – sempre stando alle informazioni riferite dalla Questura di Gorizia – sono saliti sui tetti degli edifici del Centro per protestare contro la legge sulla sicurezza entrata in vigore ieri, che istituisce il reato di clandestinità e allunga i tempi di permanenza degli immigrati all’interno dei Cie da 60 fino a un massimo di 180 giorni. Momenti di forte tensione ci sono stati quando, dai tetti, scandendo slogans contro le forze dell’ordine, gli immigrati hanno lanciato oggetti, suppellettili e pezzi di infissi contro Polizia e Carabinieri, giunti sul popsto per evitare la fuga degli immigrati. Dopo ore di dialoghi, al termine di una paziente opera di convincimento – hanno riferito fonti della Questura di Gorizia – quando si sono convinti che, scendendo dai tetti, non sarebbero stati aggrediti dalle forze dell’ordine, gli immigrati sono rientrati nelle strutture del Cie.
Durante la protesta – ha riferito la Questura – non vi sono stati feriti, né da parte dei manifestanti, né da parte delle forze dell’ordine, ma – secondo una prima stima – sono ingenti i danni causati a infissi, strutture murarie, accessori e suppellettili del Cie. Una verifica precisa sarà fatta a partire dalla giornata di oggi. La protesta è cominciata quando un gruppo piuttosto consistente di immigrati, per lo più nordafricani, vicini alla scadenza dei 60 giorni prevista dalla precedente normativa quale limite massimo per il trattenimento per le pratiche di identificazione ed espulsione, ha saputo che non avrebbe lasciato il Cie nei prossimi giorni, come aveva previsto. Proprio per questi motivi, la situazione all’interno del Cie di Gradisca era già da qualche settimana piuttosto tesa; nei giorni scorsi un immigrato è stato ferito, in maniera non grave, da un altro ospite del Cie e – stando a quanto riferito da alcuni operatori che lavorano nella struttura – vi sarebbe stato anche un tentativo di fuga (poi fallito) attraverso un sottotetto da parte di un gruppetto di meno di una diecina di immigrati.

macerie @ Agosto 9, 2009

 

Come vi avevamo promesso, eccovi il racconto della sommossa di
Gradisca di sabato scorso. Occupato il tetto, bottigliate da una parte
e lacrimogeni e manganelli dall’altra. La polizia si sta ancora
riprendendo dalla sorpresa e, per ora, si è limitata a rinchiudere i
detenuti nelle camerate, senza acqua e senza mangiare, sottoponendoli a
perquisizioni frequenti: li ha messi in castigo, insomma. Il pacchetto
sicurezza, passato in Parlamento, firmato dal Presidente della
Repubblica, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, scatena la prima
battaglia. Non sarà l’ultima.

 

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ROMA – 9 AGOSTO: Solidarietà ai reclusi e alle recluse di Ponte Galeria

Al grido di "libere tutte", la scorsa notte, una ventina di persone ha rotto il silenzio che sovrasta il lager di Ponte Galeria giungendo davanti le mura della sezione femminile e portando solidarietà alle donne e agli uomini rinchiuse/i e private/i della loro libertà.
Sono passati ormai 6 giorni dal pestaggio di un ragazzo malato di cuore appena trasferito nel C.I.E.: ancora, ad oggi, non si ha nessuna notizia nonostante i molteplici tentativi di ricerca.
Dai contatti con alcune donne detenute si è, inoltre, appreso che molte di loro stanno rifiutando il vitto come protesta per le insostenibili condizioni igienico-sanitarie (topi nelle docce, lenzuola di carta che non vengono mai sostituite, materassi buttati per terra come soluzione
al sovraffollamento delle celle) e, soprattutto, per il cibo avariato distribuito come unica forma di alimentazione.
Da ieri, sabato 8 agosto, le prime denunce per il reato di clandestinità.
Da ieri, le prime ronde legalizzate a caccia di una spiegazione alla paura indotta dallo stato.
Vogliono normalizzare il razzismo ma noi non ci abitueremo mai a vivere con un lager dentro la città.
Solidarietà attiva a chi è costretto/a a vivere in gabbia.

Antirazziste e antirazzisti

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