MILANO – 8 AGOSTO: Babele in lotta nel CIE di via Corelli

Una Babele in gabbia, quella che si sta rivoltando a Milano mettendo
in campo uno sciopero della fame e della sete che sembra compatto e
determinato. “Vamonos hasta el final, hasta el final”, dice qualcuno:
arriveremo fino alla fine. Lo sciopero è iniziato alle cinque di
questo pomeriggio e per ora tocca una sezione intera del CIE di via
Corelli più buona parte della sezione femminile. I reclusi protestano
contro le condizioni materiali di vita del Centro ma soprattutto
contro l’entrata in vigore del “Pacchetto sicurezza”: e protestano
nonostante siano ancora convinti che il passaggio dai due ai sei mesi
di detenzione amministrativa toccherà soltanto chi verrà fermato da
domani in poi. E già, perché la strategia utilizzata un po’ in tutta
Italia dai gestori dei Centri per placare gli animi dei reclusi è
mentire sul futuro degli “ospiti”: “voi non c’entrate, voi farete al
massimo due mesi”. Non è così, noi lo sappiamo, ma dentro alle gabbie
molti ci stanno credendo ancora, concentrando su questa menzogna tutte
le proprie speranze. Fra qualche giorno, quando chi si aspetta di
uscire dopo due mesi passati dietro le sbarre si vedrà negare la
libertà ne vedremo delle belle.

Eppure, i reclusi di Milano sono già scesi in sciopero. “Anche per chi
verrà dopo di noi”, dicono, e lo dicono in tutte le lingue del mondo.
E già perché la Babele che sta rinchiusa nelle gabbie sta trovando la
forza per esprimersi, e ci tiene a farlo. Sembrano non esserci più le
vecchie divisioni per nazionalità o lingua, che bene o male hanno
segnato la storia delle lotte nei Centri anche recentemente. Ora gli
appelli alla lotta e alla solidarietà vengono pronunciati in italiano,
in arabo, in castigliano, in edo, in rumeno, in albanese – nessuno
potrà più dire di non averli afferrati. Ognuno con le sue storie, ed
ognuno con la sua lingua: ma tutti assieme per lottare.

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ROMA – 4 AGOSTO: Pestaggio a Ponte Galeria

Roma, 4 agosto 2009.

Un racconto tremendo, e un appello, dal Cie di Ponte Galeria. Nella serata di lunedì arriva nel Centro un gruppetto di algerini, appena trasferiti da Bari Palese. Tra di loro c’è anche un ragazzo gravemente malato di cuore, che si lamenta e protesta: la polizia non ha provveduto a portare da Bari le medicine che deve prendere ogni giorno. Invece di procurare i farmaci, i poliziotti lo portano in infermeria e poi nella cella di sicurezza. Lì lo massacrano di botte, stufi di tutti questi stranieri sempre pronti a lamentarsi.
Quando lo riportano in sezione è pieno di lividi e sangue. Lui è malato di cuore per davvero e durante la notte si sente malissimo: i suoi compagni danno l’allarme, e il malato lascia il Centro a bordo di una ambulanza. La mattina dopo i suoi compaesani, che stanno raccontando in giro gli avvenimenti della notte, vengono raggruppati e portati via. Tutti pensano ad un rimpatrio, e solo la sera si scoprirà che in realtà il gruppo è stato messo in “isolamento” nel reparto delle donne. Intanto, durante tutto il giorno, del ragazzo malato di cuore non si ha più alcuna notizia.
Passano le ore, e i reclusi del Centro si ricordano di Salah Soudami, morto soltanto cinque mesi fa in circostanze pressoché identiche, e pensano al peggio.
Così chiedono aiuto ai solidali che stanno fuori dai Centri e lanciano un appello dai nostri microfoni: vogliono avere notizie del loro compagno. Vogliono sapere come sta, se è vivo o morto, e dov’è. Lo hanno chiesto alla Croce Rossa e non hanno avuto risposta. Lo hanno chiesto pure agli agenti, e anche loro sono stati zitti: del resto, si sa, i poliziotti sono buoni solo a massacrare di botte i malati di cuore.

 

Aggiornamento 6 agosto.

A due giorni da questo appello nulla si è mosso. Gli algerini, testimoni dell’accaduto, sono ancora in isolamento dentro alla sezione femminile: non vengono fatti uscire, neanche per mangiare e non hanno contatti con nessuno. L’ambasciata algerina, chiamata in causa, sostiene di non saperne niente. Una troupe di Canale 5, chiamata da alcune mogli di reclusi, si è vista negare l’accesso al Centro.
Ieri, un gruppo di prigionieri ha rifiutato il vitto ed è rimasto nelle gabbie all’ora di pranzo, protestando rumorosamente. La polizia è intervenuta in forze ma i reclusi hanno continuato a protestare fino a quando non è stato promesso loro un incontro con il direttore. Previsto per la serata, l’incontro però non c’è stato, e non c’è stato neanche questa mattina. A detta dell’amministrazione, il direttore è assente dal centro.

 

Aggiornamento 7 agosto.

Sempre più fitto il muro di silenzio intorno al pestaggio di lunedì sera a Ponte Galeria. Il direttore del Centro continua a farsi negare e, soprattutto, gli algerini testimoni dell’accaduto sono stati velocemente rimpatriati , dopo aver passato qualche giorno in isolamento. Da parte sua, l’ambasciata algerina, interpellata sia da alcuni prigionieri del Centro che da alcuni solidali da fuori, continua ad ignorare vistosamente la situazione: evidentemente l’accordo bilaterale per “rafforzare l’azione di contrasto all’emigrazione clandestina” siglato quindici giorni fa ad Algeri da Antonio Manganelli e Ali Tounsi, capi rispettivamente della polizia italiana e di quella algerina, sta cominciando a dare i suoi frutti.

 

macerie @ Agosto 4, 2009

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ROMA – 8-9 LUGLIO: Migrare non è reato!

LA VIOLENZA SULLE DONNE E’ UN PROBLEMA CULTURALE E NON DI ORDINE PUBBLICO!

Questo governo pretende di rispondere alla questione della sicurezza pubblica creando luoghi di detenzione in cui vengono perpetrate violenze.
Il governo stanzia 138 milioni di euro per i CIE e solo tre milioni per l’assistenza alle vittime di violenza di genere… e 30 milioni per soli 6 giorni di G8 in Sardegna.

VOCI DAL BRACCIO FEMMINILE

Dopo la morte di Nabruka, suicidatasi perchè aveva il terrore dell’imminente rimpatrio, la compagna di cella che ritrovò il corpo, nonostante la richiesta di essere trasferita, è rimasta nella stessa cella ed è stata imbottita di psicofarmaci.
Molte delle donne rinchiuse nei CIE, in particolare quelle di nazionalità nigeriana, sono clandestine in quanto vittime di tratta al fine dello sfruttamento sessuale. Tra queste ci sono anche delle minorenni che, in barba ai trattati internazionali sulla difesa dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, finiscono in galera.
Accade anche una promiscuità in cui vittime della tratta e sfruttatrici si trovano a stretto contatto, magari nella stessa camera.
Nel clima di esasperazione e assenza di legalità spesso si verifica che vengano richieste prestazioni sessuali di vario tipo alle donne in cambio di un piccolo favore, come l’acquisto di uno specchietto o altri oggetti di uso quotidiano.
Un altro caso allarmante e quello di donne che, dopo aver finalmente trovato il coraggio di andare a denunciare le violenze subite da anni dal marito, essendo clandestine (perché prive di documento) è finita rinchiusa in un CIE.

E TUTTO QUESTO PER LA SICUREZZA DI CHI?

Sicuramente per il sicuro profitto di chi gestisce e orchestra gli appalti che girano intorno a questo perverso ingranaggio.
Mantenere un clandestino in un CIE costa allo stato italiano ed ai contribuenti circa 70 euro al giorno, ma ai detenuti solo un litro d’acqua al giorno, cibo scadente e centellinato e lenzuola di carta.
Per non parlare delle condizioni igieniche generali, in cui farsi una doccia diventa rischio di contrarre infezioni o malattie.

LA LOTTA ALLA VIOLENZA SULLE DONNE NON HA CONFINI
SOLIDARIETA’ ATTIVA ALLE DONNE INTERNATE NEI CIE
QUESTA “SICUREZZA” NON E’ NEL NOSTRO NOME

Mercoledì 8 luglio ore 20.00 C .S.O.A. eXsnia (via prenestina 173): confronto pubblico sul pacchetto sicurezza e sui CIE.

Giovedì 9 ore 16.30 presidio fuori il CIE di Ponte Galeria (fermata Fiera di ROMA – FM1) in solidarietà alle detenute

Gruppo Donne SNIA

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ROMA – 9 LUGLIO: Presidio sonoro davanti al CIE di Ponte Galeria

GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2009, DALLE ORE 16.30

PRESIDIO DAVANTI AL CIE DI PONTE GALERIA

Nelle giornate in cui si svolgerà il G8 vogliamo stare fuori dalle mura Ponte Galeria, mentre i cosiddetti “grandi della terra” saranno nascosti dentro una caserma a parlare della crisi. I governi del mondo chiamano a gran voce la libera circolazione delle merci e dei capitali, pretendendo di fermare e controllare i flussi migratori, mentre l’unica possibilità di movimento concessa alle persone sembra essere quella legata al mercato del turismo o allo sfruttamento del lavoro. Respingimenti, detenzioni indiscriminate e politiche securitarie di militarizzazione sembrano essere la risposta dei cosiddetti paesi industrializzati alla crisi economica e sociale che hanno contribuito a creare.
Pochi giorni fa è stato definitivamente approvato il “pacchetto sicurezza”, attraverso cui il territorio dello stato italiano assumerà ancor di più il carattere di laboratorio a cielo aperto della repressione permanente. L’entrata o la permanenza “irregolare” al suo interno diventa reato, la durata massima della permanenza nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) è estesa da 2 a 6 mesi, le ronde razziste vengono legalizzate, solo per citare alcuni degli inasprimenti repressivi previsti dalla nuova legge. Intanto i reclusi dei CIE di Milano, Bologna e Gradisca d’Isonzo stanno già protestando con uno sciopero della fame.

Vogliamo tornare fuori da Ponte Galeria perché nei CIE finiscono persone rastrellate per strada mentre tornano a casa dopo una giornata di lavoro sottopagato, mentre fanno la fila per rinnovare il permesso di soggiorno, oppure mentre aspettano un amico per uscire la sera.
Chiunque protesti contro le brutali condizioni di vita imposte da questi lager democratici (sovraffollamento, igiene inesistente, psicofarmaci come strumento di sedazione di massa, acqua razionata e negazione di ogni assistenza) si trova a subire violenze fisiche e intimidazioni. Pestaggi e abusi da parte della polizia e della Croce Rossa (che gestisce il CIE di Ponte Galeria) sono all’ordine del giorno e solo negli ultimi tre mesi si sono registrate due morti: Salah Souidani, morto dopo che il personale sanitario gli aveva rifiutato l’assistenza medica (e dopo aver inoltre subito un pestaggio poliziesco, secondo la testimonianza di altri reclusi), e Nabruka Mimuni, che era in Italia da trent’anni e che, dopo aver ripetutamente minacciato di togliersi la vita piuttosto che essere rimpatriata, è stata lasciata in balia del proprio destino.

Non è pensabile che persone che hanno scelto di andarsene dal proprio paese d’origine, mettendo spesso a rischio la propria vita per costruirsi un futuro migliore, o per fuggire da un presente di oppressione, si trovino ad essere rinchiuse in un lager di stato.

La clandestinità non è che una condizione imposta da politiche razziste, xenofobe, basate sullo sfruttamento e sul ricatto continuo. Noi non ci dividiamo in “italiani” o stranieri, ma ci consideriamo tutti e tutte abitanti del mondo.

Libertà di movimento per tutte e tutti.
Chiudere i Centri di Identificazione ed Espulsione.
Contro la società dei recinti e delle frontiere.

GIOVEDÌ 9 LUGLIO, DALLE ORE 16.30 PRESIDIO A PONTE GALERIA:
MUSICA, VOCI, PAROLE.

L’appuntamento per prendere tutte e tutti il trenino è alle 16.00 alla stazione Ostiense.

Portiamo tutta la nostra creatività, la nostra rabbia e la nostra forza davanti a quelle mura, facciamo sentire a chi vi è rinchius* la solidarietà di tutt* coloro che non vogliono più tollerare l’esistenza di questi lager, né le torture e gli omicidi di stato che si vorrebbero occultare al loro interno.

Il presidio si svolge nel parcheggio della fermata "Fiera di Roma" del trenino per Fiumicino aeroporto (Via Gaetano Rolli Lorenzini angolo Via Cesare Chiodi).

Antirazziste e Antirazzisti
 

JUEVES 9 DE JULIO DEL 2009, DESDE LAS 16:30

CONCENTRACIÓN DELANTE DEL CIE PONTE GALERIA

En los días en los que tendrá lugar el G8 queremos estar fuera de los muros de Ponte Galeria, mientras los susodichos “grandes de la tierra” estén escondidos dentro de un cuartel para hablar de la crisis. Los gobiernos del mundo piden a gritos la libre circulación de las mercancías y del capital, pretendiendo parar y controlar los flujos migratorios, mientras que la única posibilidad de movimiento concedida a las personas parece que sea aquella que está relacionada con el mercado del turismo o la explotación en el trabajo. Expulsión, detención indiscriminada y políticas de seguridad basadas en la militarización parecen ser la respuesta de los susodichos países industrializados a la crisis económica y social a la cual han contribuido a crear.

Hace pocos días fue aprobada lal “ley de seguridad”, a través de la cual el territorio del Estado italiano asumirá aún más el carácter de laboratorio a cielo abierto de la represión permanente. La entrada o permanencia en los CIE (Centros de identificación y expulsión) ha sido extendida de 2 a 6 meses, las rondas nazis han sido legalizadas, solo por citar algunos de los agravamientos represivos previstos en la nueva ley. Mientras tanto l@s pres@s de los CIE de Milán, Bologna y Gradisca d’Isonzo ya están protestando con una huelga de hambre.
Queremos volver fuera de Ponte Galeria porque en los CIE acaban las personas que han sido rastreadas por la calle mientras volvían a casa después de una jornada de trabajo mal pagado, mientras hacían la cola para renovar el permiso de residencia o mientras esperaban a un amigo para salir por la noche.

Cualquiera que proteste contra las brutales condiciones de vida impuestas por estos campos de concentración de la democracia (superpoblación, higiene inexistente, pscicofarmacos como instrumento para sedar las masas, agua racionada y la negación a cualquier asistencia) se encuentra que tiene que soportar violencias física y intimidaciones. Palizas y abusos por parte de la Cruz Roja (que gestiona el CIE de Ponte Galeria) son al orden del día y solo en los últimos tres meses se han registrado dos muertes: Salah Souidani, muerto después de que el personal sanitario le hubiera negado asistencia médica (y después de haber sufrido además una paliza por parte de la policía, según los testimonios de algunos reclusos) y Nabruka Mimuni, que estaba en Italia desde hacía treinta años y que, después de haber amenazado repetidamente en quitarse la vida, antes que ser repatriada, fue dejada a la suerte de su propio destino.

No es pensable que personas que han elegido dejar su propio país de origen, poniendo en riesgo su propia vida para construir un futuro mejor, o para escapar de un presente de opresión se encuentren siendo encarceladas en un campo de concentración del Estado.

La clandestinidad no es más que una condición impuesta por las políticas racistas, xenófobas, basadas en la explotación y en el chantaje continuo. Nosotros no nos dividimos en “italianos” o extranjeros, sinó que nos consideramos tod@s habitantes del mundo.

 
Libertad de movimiento para todas y todos.

Por el cierre de los Centros de Identificación y expulsión.


Contra una sociedad de recintos y de fronteras.


JUEVES 9 DE JULIO, DESDE LAS 16:30: CONCENTRACIÓN EN PONTE GALERIA:


MUSICA, VOCES, PALABRAS.

Traigamos toda nuestra creatividad, nuestra rabia y nuestra fuerza delante de esos muros, hagamos sentir a quien está recluso la solidaridad de tod@s aquell@s que ya no quieren tolerar la existencia de estos campos de concentración, ni las torturas ni los homicidios de Estado que quisieran ocultar dentro de ellos.
La quedada es el aparcamiento de la parada “Fiera di Roma” del tranvía hacía Fiumicino Aeroporto (via Gaetano Rolli Lorenzini angolo via Cesare Chiodi) La quedada para coger el tren es a las 16:00 en la estación Ostiense.
 
Compañer@s antirracistas
THURSDAY THE 9TH OF JULY, 2009 FROM 16.30

PROTEST IN FRONT OF THE IDENTIFICATION AND EXPULSION CENTER (CIE)


AT PONTE GALERIA

In the days of the g8 summit we will be outside the walls of Ponte Galeria, while the so-called “great eight” will be hiding inside a military base to discuss about crises.
The governments of the world talk in favour of a free circulation of goods and capital, expecting to stop and control the flow of migration. At the same time the only ways that people have to move are those related to the tourist industry or labour exploitation.
Deportations, uncontrolled detentions and security politics characterised by militarization, seem to be the answer of the industrialised countries to the financial and social crisis that they in great part have created themselves.
A few days ago the so called "security act" (pacchetto sicuezza) was approved. Because of this law the territory of the Italian state will be characterised as an open air laboratory of permanent repression even more than before. The unauthorised entrance or staying on the Italian territory is becoming a crime. The maximum detention period inside the CIE is extended from 2 to 6 months. The racist squads are being legalised. This is just to mention a few of the repressive norms that are included in the new law. Meanwhile the inmates of the CIE in Milan, Bologna and Gradisca d’Isonzo are already protesting with an hunger strike.

We want to return to Ponte Galeria because behind the walls of the CIE there are people who have been arrested e.g. on their way home after a long day of underpaid labour, while standing in line to renew their residence permit or simply while waiting for a friend at a bus stop.
Whoever protests against the brutal living conditions imposed by these “democratic” concentration camps (Overcrowding, lack of hygiene, mind-bending medicines as instruments of mass sedation, lack of water and negation of any assistance) undergoes physical violence and intimidation. Beating-up and abuse from the police and the Red Cross (who manages the CIE at Ponte Galeria) are daily routine. The last three months two dead causalities have been registered: Salah Soudaini, dead after the sanitary staff refused to provide him with medical assistance (and after undergoing a police beating, according to the testimony of other inmates), and Nabruka Mimuni, who had been in Italy for 30 years and who repeatedly threatened to commit suicide if she was going to be repatriated, was left at the mercy of her destiny.

It is unthinkable that people who have decided to leave the country of their origin, often risking their life in an attempt to construct a better future or who flea from an oppressive situation, find themselves locked away in a concentration camp of the state.

Clandestinity is nothing but a condition imposed by racist and xenophobic politics based on exploitation and continuous blackmailing. We do not categorise ourselves in Italians or foreigners, but think of ourselves as people from the world.

Freedom of movement for everybody.

Shut down the Identification and Expulsion Centres.


Against the society of fences and borders.


THURSDAY 9TH OF JULY, FROM 16.30 PROTEST AT PONTE GALERIA:


MUSIC, VOICES, WORDS.

Let’s bring our creativity, our anger and our strength in front of those walls. Let’s make it possible for the people who are locked up to hear the solidarity of all those, which do not want to tolerate anymore the existence of these concentration camps. Nor do we want to tolerate the tortures and the state murders that the authorities are hiding from us.
We will meet at the car park of the train stop “Fiera di Roma” where the train to Fiumicino Airport stops (the corner between Via Gaetano Rolli Lorenzini and Via Cesare Chiodi). Meeting point at Ostiense station at 16.00 in order to take the train all together.
 
Antiracists
JEUDI 9 JUILLET 2009, A PARTIR DE 16.30
RASSEMBLEMENT AU C.I.E. DE PONTE GALERIA

Pendant les jours dans lesquelles le G8 aura lieu, nous voulons aller dehors le mur du C.I.E. de Ponte Galeria, tandis que les prétendus “grands de la terre” se cachent à l’intérieur d’une caserne pour parler de la crise. Les gouvernements du monde acclament haut et fort la libre circulation des marchandise et des capitaux, avec la prétention de bloquer et de contrôler les flux migratoires, dans un monde où la seule possibilité de mouvement accordée aux gens semble être celle liée au marchet du tourisme ou à l’exploitation du travail. Repoussements, détentions indiscriminées et politiques sécuritaires de militarisation semblent être la réponse des pays dit industrialisés à la crise économique et sociale qu’ils ont contribué à créer.

Il y a quelques jours que le “paquet sécurité” a été définitivement approuvé et avec ce nouveau outil le territoire italien aura encore plus le caractère d’un laboratoire à ciel ouvert de la répression permanente. L’entrée ou la permanence “irrégulier” à son intérieur devient un délit, la durée de permanence dans les C.I.E. (Centre d’Identification et d’Expulsion) est comprise entre les 2 et les 6 mois, les rondes racistes sont légalisées, et ces sont seulement aucuns des nombreux durcissements prévus par la nouvelle loi. Pour le moment, les prisonnières et les prisonniers des C.I.E de Milan, Boulogne et Gradisca d’Isonzo protestent en conduisant une grève de la faim.

Nous voulons retourner à Ponte Galeria parce-que dans les C.I.E. se trouvent les personnes ratissées quand ils rentrent chez soi après une journée de travail souspayé, tandis qu’ils font la queue pour le renouvellement du permis de séjour, ou tandis qu’ils attendent des amis pour aller faire une promenade.
Qui proteste contre la brutalité des conditions de vie imposées par ces lager démocratiques (surpeuplement, manque d’hygiène, psycholeptiques utilisé comme sédatifs, eau rationnée et négation de chaque type d’assistance) reçoit violences physiques et intimidations. Raclées et abus par la police et la Croix Rouge Italienne (qui détienne la gestion du C.I.E. de Ponte Galeria) sont à l’ordre du jour.
Et seulement durant les trois derniers mois ont eu lieu deux morts: Salah Souidani, décedu après que le personnel sanitaire lui avait refusé l’assistance médicale (et après avoir subit une raclées par la police, selon les témoignages des autres prisonniers), et Nabruka Mimuni, qui habitait en Italie depuis trente ans et, après nombreuse menaces de se suicider plutôt qu’être déportée vers son pays d’origine, a été abandonnée à son destin.

Ce n’est pas possible que qui a décidé de quitter son pays d’origine, en risquant souvent sa vie pour se construire un futur meilleur ou pour échapper d’un présent d’oppression, soit incarcéré dans un lager d’État.

La clandestinité n’est qu’une condition imposée par les politiques racistes, xénophobes, fondées sur l’exploitation et le chantages. On ne se partage pas entre “italiens” et “étrangers”, nous sommes toutes et tous habitants du monde.


Liberté de mouvement pour toutes et tous

Fermeture immédiate des Centres d’Identification et d’Expulsion
Contre la société des frontières et des clôture

JEUDI 9 JUILLET, A PARTIRE DE 16.30 RASSEMBLEMENT A PONTE GALERIA
MUSIQUE, VOIX, PAROLES

Rendez-vous à 16 heures à la gare Ostiense pour prendre toutes et tous ensemble le train (direction aéroport de Fiumicino).

Portons-nous notre créativité, notre rage et notre force devant ce mur pour transmettre à ceux qu’y sont incarceré(e)s la solidarité de toutes et tous ceux qui ne veulent plus tolérer l’existence de ces lager, ni les tortures et les homicides d’Ètat qu’ils voudraient dissimuler à l’interieur d’eux.

Le rassemblement aura lieu sur le parking de l’arrêt « Fiera di Roma » (à l’angle des rues Gaetano Rolli Lorenzi et Cesare Chiodi).

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ROMA – 1° LUGLIO: DALLE 15:30, TUTTE E TUTTI SOTTO IL SENATO

RESPINGIAMO IL PACCHETTO SICUREZZA!


Mercoledì 1 luglio, dalle 15:30, tutte e tutti sotto il Senato

Dopo mesi di discussioni, rinvii e voti di fiducia che hanno ignorato
ogni forma di protesta, il governo Berlusconi si appresta ad approvare
definitivamente in senato il disegno di legge 733, noto come "pacchetto
sicurezza": una legge che nega i diritti fondamentali delle persone,
siano esse migranti o native.

Il pacchetto introduce il reato d’ingresso e soggiorno illegale, che
colpisce le persone migranti, cancellando il loro diritto a esistere,
all’assistenza sanitaria, all’istruzione e alla casa. Se il ddl sarà
approvato, chi è senza permesso di soggiorno non potrà più ricevere
cure mediche, riconoscere figlie e figli alla nascita, sposarsi o
inviare i soldi a casa. Si introducono le ronde mentre in nome del
"decoro urbano" continuano gli sgomberi e la ghettizzazione degli
insediamenti rom e le aggressioni di stampo razzista e xenofobo. Le
ordinanze dei sindaci limitano il diritto a incontrarsi nei parchi e
nei luoghi pubblici o a manifestare per le strade e nelle università.

Prima ancora di essere approvato, il pacchetto sicurezza ha già ucciso:
dalla donna incinta morta dissanguata a Bari per la paura di essere
denunciata in ospedale, alle persone morte nei CIE (centri di
identificazione ed espulsione) per le violenze, perché non ricevono
un’assistenza sanitaria adeguata o per la disperazione di vedersi
consegnare un decreto di espulsione, che significa essere rispedite/i
in luoghi di conflitto o nelle carceri libiche, spesso dopo aver
vissuto e lavorato duramente e senza diritti per molti anni nel nostro
paese.

Ma c’è una parte della società che in questi mesi ha espresso nei modi
più disparati il proprio dissenso: medici e insegnanti, migranti,
rifugiati/e e richiedenti asilo, scuole d’italiano, donne, femministe e
lesbiche, gay e trans, studenti e occupanti di casa, singoli/e e
associazioni vogliono respingere al mittente il pacchetto sicurezza e
le politiche razziste di questo governo. A Roma, come in molte altre
città italiane, si sono moltiplicate le iniziative che hanno denunciato
con forza le condizioni di vita nei CIE e la brutalità delle politiche
dei respingimenti, protestando contro una legge che, dietro una falsa
esigenza di sicurezza, nasconde la chiara volontà politica di gestire
in maniera repressiva la crisi che stiamo vivendo.

Crediamo che sia necessario sentirsi tutte e tutti coinvolti in quanto
sta accadendo, creare spazi di dibattito sempre più ampi e moltiplicare
le iniziative di protesta in ogni città, a partire dalle giornate di
discussione e approvazione del pacchetto sicurezza.

Vogliamo prendere la parola, per lottare insieme, italiane/i e
migranti, a partire dai nostri territori, perché desideriamo una
società aperta all’incontro tra tutte le differenze, perché l’unica
sicurezza che vogliamo è libertà e diritti per tutte e tutti.

Respingiamo il pacchetto sicurezza!


Mercoledì 1° luglio, dalle ore 15:30 in poi,


tutte e tutti sotto il Senato


durante la discussione finale del ddl 733

RETE CONTRO IL PACCHETTO SICUREZZA

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ROMA – 25 GIUGNO: ASSEMBLEA IN PIAZZA DELLA MARRANELLA

GIOVEDÌ 25 GIUGNO, ORE 18.00
ASSEMBLEA PUBBLICA IN PIAZZA DELLA MARRANELLA


RESPINGIAMO IL PACCHETTO SICUREZZA!

Dopo mesi di discussioni, rinvii e voti di fiducia che hanno ignorato ogni forma di protesta, il governo Berlusconi si appresta ad approvare definitivamente in senato il disegno di legge 733, noto come "pacchetto sicurezza": una legge che nega i diritti fondamentali delle persone, siano esse migranti che native.

Il pacchetto introduce il reato d’ingresso e soggiorno illegale, che colpisce le persone migranti, cancellando il loro diritto a esistere, all’assistenza sanitaria, all’istruzione e alla casa. Se il ddl sarà approvato, chi è senza permesso di soggiorno non potrà più ricevere cure mediche, riconoscere figlie e figli alla nascita, sposarsi o inviare i soldi a casa.

Si introducono le ronde mentre in nome del "decoro urbano" continuano gli sgomberi e la ghettizzazione degli insediamenti rom e le aggressioni di stampo razzista e xenofobo. Le ordinanze dei sindaci limitano il diritto a incontrarsi nei parchi e nei luoghi pubblici o a manifestare per le strade e nelle università.

Prima ancora di essere approvato, il pacchetto sicurezza ha già ucciso: dalla donna incinta morta dissanguata a Bari per la paura di essere denunciata in ospedale, alle persone morte nei CIE (centri di identificazione ed espulsione) per le violenze, perché non ricevono un’assistenza sanitaria adeguata o per la disperazione di vedersi consegnare un decreto di espulsione, che significa essere rispedite/i in luoghi di conflitto o nelle carceri libiche, spesso dopo aver vissuto e lavorato duramente e senza diritti per molti anni nel nostro paese.

Ma c’è una parte della società che in questi mesi ha espresso nei modi più disparati il proprio dissenso: medici e insegnanti, migranti, rifugiati/e e richiedenti asilo, scuole d’italiano, donne, femministe e lesbiche, gay e trans, studenti e occupanti di casa, singoli/e e associazioni vogliono respingere al mittente il pacchetto sicurezza e le politiche razziste di questo governo. A Roma, come in molte altre città italiane, si sono moltiplicate le iniziative che hanno denunciato con forza le condizioni di vita nei CIE e la brutalità delle politiche dei respingimenti, protestando contro una legge che, dietro una falsa esigenza di sicurezza, nasconde la chiara volontà politica di gestire in maniera repressiva la crisi che stiamo vivendo.

Crediamo che sia necessario sentirsi tutte e tutti coinvolti in quanto sta accadendo, creare spazi di dibattito sempre più ampi e moltiplicare le iniziative di protesta in ogni città, a partire dalle giornate di discussione e approvazione del pacchetto sicurezza.

Vogliamo prendere la parola, per lottare insieme, italiane/i e migranti, a partire dai nostri territori, perché desideriamo una società aperta all’incontro tra tutte le differenze, perché l’unica sicurezza che vogliamo è libertà e diritti per tutte e tutti!

  • Per coordinarci e organizzare momenti di denuncia pubblica sulle norme razziste del pacchetto sicurezza, nella giornata di martedì 30 giugno, nelle modalità che ognuna/o deciderà di mettere in pratica;

  • per dire che noi non siamo spie, che noi non denunciamo, che l’unica cosa che respingiamo è il pacchetto sicurezza e che saremo davanti al senato mercoledì 1° luglio, durante la discussione del ddl 733, per gridare forte la nostra rabbia;

  • per costruire insieme una mobilitazione nazionale contro i lager che chiamano CIE e il razzismo di Stato nel prossimo autunno;

la Rete contro il pacchetto sicurezza invita tutte e tutti a partecipare a un momento di incontro pubblico: giovedì 25 giugno, alle ore 18.00, in piazza della Marranella, nel quartiere di Torpignattara, dove convivono tanti/e cittadini/e del mondo e dove il razzismo istituzionale sta tentando di alimentare l’odio per la diversità e la guerra tra poveri/e.

RETE CONTRO IL PACCHETTO SICUREZZA
http://nopacchettosicurezza.noblogs.org
pacchettosicurezza@anche.no

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FIRENZE – 24 GIUGNO: Inaugurazione S.I.A. Kulanka

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CAMPI BISENZIO – 20 GIUGNO: No al CIE in Toscana

 

 

Nabruka Mimuni si è impiccata nel Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) di Ponte Galeria (Roma). Nabruka aveva 49 anni, un marito, un figlio e viveva in Italia dal 1991. Il giorno dopo la sua morte sarebbe stata rimpatriata nel suo paese d’origine, la Tunisia.Era stata fermata il 24 Aprile e rinchiusa in un lager di stato chiamato CIE perchè sprovvista del permesso di soggiorno.

I CIE non sono altro che i “vecchi” CPT (Centri di Permanenza Temporanea) ossia delle carceri-lager in cui gli immigrati possono essere rinchiusi fino a 6 mesi, in attesa dell’espulsione, senza aver commesso alcun crimine e senza poter usufruire del diritto alla difesa.La mattina stessa in cui le compagne di cella trovavano Nabruka impiccata in bagno, il ministro degli Interni Maroni si vantava degli oltre 200 migranti deportati direttamente in Libia senza neanche passare dal territorio italiano. Si vantava in pratica di “esternalizzare” la tortura visto che i migranti hanno più volte raccontato di stupri, torture, sevizie subite nelle carceri libiche.

Contemporaneamente il partito di Maroni, la Lega Nord, in pieno delirio razziale, proponeva posti riservati ai milanesi sulle metropolitane.Sempre nelle stesse ore il governo si apprestava ad introdurre il reato di clandestinità e a portare da due a sei mesi il tempo di reclusione nei CIE.Già da alcuni mesi il Governo ha individuato in Campi Bisenzio, nella zona dell’Indicatore, una delle possibili aree in cui far sorgere un nuovo CIE/CPT.

Ovviamente molti esponenti di centro-destra, in piena campagna elettorale e aiutati dal terrorismo mediatico di molti giornali e televisioni, si sono immediatamente detti favorevoli, pronti a cavalcare e fomentare “paure” ed “emergenze” per costruire brillanti carriere elettorali e solide politiche repressive.Dovranno fare i conti però con tutta quella parte della popolazione che non è disposta a criminalizzare una persona solo perchè immigrata e priva di un pezzo di carta.

Dovranno fare i conti con chi non è disposto a stare a guardare le ronde, il razzismo di stato, i nuovi lager, le leggi razziali,….. Dovranno fare i conti con quei settori sociali che non sono disposti ad accettare una “guerra tra poveri” che dovrebbe coprire le responsabilità di chi la crisi economica che stiamo vivendo prima l’ha causata e adesso ci specula sopra.Per questi, e per tanti altri motivi, ci opporremo con ogni mezzo necessario alla costruzione di CIE/CPT a Campi Bisenzio. Fermiamoli a Campi, chiudiamoli ovunque.

SABATO 20 GIUGNO DALLE 17.00 NEI GIARDINI DI VIA PETRARCA (CAMPI BISENZIO) FESTA POPOLARE CON MERENDA, ANIMAZIONE PER BAMBINI, TEATRO, MUSICA POPOLARE…


DOVE C’E’ PARTECIPAZIONE E SOCIALITA’ NON SERVONO RONDE E CIE

CANTIERE SOCIALE CAMILO CIENFUEGOS (CAMPI)CPA FI-SUD, MOVIMENTO DI LOTTA PER LA CASA, CSA nEXt EMERSON, ASSEMBLEA DE* INSICUR*,RETE DEI COLLETTIVI DEGLI STUDENTI MEDI FIRENZE COLLETTIVO POLITICO DI SCIENZE POLITICHE, ALT. AUT. PER UNALTRACITTA’

http://letteretoscananocie.noblogs.org

http://toscananocie.noblogs.org

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ROMA – 19 GIUGNO: ASSEMBLEA CONTRO IL PACCHETTO SICUREZZA

RESPINGIMENTI NEL MEDITERRANEO,

RINNOVO DEGLI ACCORDI CON LA LIBIA,

APPROVAZIONE DEL PACCHETTO SICUREZZA:

BASTA CON LA POLITICA DELLA PAURA E DEL RAZZISMO!

Il ddl 733 (Pacchetto sicurezza) è in corso di approvazione al Senato. Nonostante le proteste e le mobilitazioni organizzate in questi mesi dalle/dai migranti, dalle/dagli occupanti di casa, dalle femministe e dalle lesbiche, dalle/dagli studenti, dalle associazioni di medici, insegnanti e avvocati, e partecipate da tutte e tutti coloro che non accettano più la cultura della paura e del controllo, molte delle norme restrittive della proposta di legge restano in piedi.

In primo luogo il reato di clandestinità, che comporta l’obbligo di denuncia da parte di tutti gli ufficiali pubblici (medici e insegnanti compresi) per chi non è in possesso del permesso di soggiorno; poi l’aumento del periodo di residenza e di vita coniugale per chi vuole
ottenere la cittadinanza italiana; l’aumento (fino a 200 euro) per la richiesta o il rinnovo del permesso di soggiorno; la cancellazione anagrafica dopo sei mesi dalla scadenza del permesso; la cancellazione del registro dei senza fissa dimora; l’estensione del periodo di detenzione nei
CIE fino a sei mesi; l’aumento dei dispositivi di controllo video nelle città; l’istituzione delle ronde e la reintroduzione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale.
Queste norme, oltre a limitare a libertà di tutte e tutti, individuano una serie di soggetti da indicare come potenziali criminali: dal "clandestino", al giovane adolescente, a chi sceglie di opporsi al razzismo, alla xenofobia e allo sfruttamento del lavoro; alla mercificazione della cultura e allo svuotamento dei centri delle città, trasformati in vetrina.

Tutto questo mentre il governo italiano rinnova l’amicizia con il Primo Ministro libico, Gheddafi, che ha firmato l’accordo per il controllo delle acque del Mediterraneo e per l’intensificazione delle misure repressive della migrazione in Libia.

Nei mesi precedenti alla prima votazione del pacchetto sicurezza, a Roma si è costituita una rete di collettivi, realtà territoriali, attiviste e attivisti, singole e singoli, che hanno costruito, in linea con altre mobilitazioni nazionali, una manifestazione contro il pacchetto sicurezza.

Pensiamo che quel percorso debba proseguire, anche volgendo lo sguardo a chi è reclusa o recluso nei CIE italiani, come quello di Ponte Galeria a Roma, dove sono quotidiane le notizie di torture, violenze e soprusi nei confronti di chi ha cercato in questo paese un futuro diverso per sé o per la propria famiglia. Per questo riteniamo che sia importante organizzare
una mobilitazione nei giorni dell’approvazione definitiva del disegno di legge.

Per costruire insieme le mobilitazioni, invitiamo tutte e tutti a un’assemblea pubblica che si terrà il 19 giugno prossimo, alle 18.00, presso l’ex cinema Volturno, in via Volturno 37 (vicino stazione termini).

 

 

 

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ROMA – 29 MAGGIO: Presidio sonoro davanti al CIE di Ponte Galeria

29 MAGGIO 2009, DALLE ORE 17.00

PRESIDIO SONORO A PONTE GALERIA
IN SOLIDARIETA’ CON I RECLUSI E LE RECLUSE DEL CIE

FERMATA “FIERA DI ROMA” DEL TRENINO ROMA-FIUMICINO
VIA GAETANO ROLLI LORENZINI ANGOLO VIA CESARE CHIODI

 

CHIUDERE IL CIE DI PONTE GALERIA

Il 28, 29 e 30 maggio prossimi si riuniranno qui a Roma i ministri degli
interni e della giustizia degli 8 principali stati capitalisti.
Discuteranno e decideranno delle vite di milioni di persone, ed in
particolar modo di chi in occidente è ben accett* solo se e fin quando
serve ad ingrossare l’esercito degli sfruttati.
E’ la popolazione migrante a pagare il prezzo piu’ alto della crisi,
subendo infami ricatti lavorativi, clandestinita’ obbligata e il razzismo
costruito dalle istituzioni attraverso il terrorismo dei media e leggi
infami.
La detenzione nei lager chiamati C.I.E., la deportazione nei paesi di
origine, il respingimento di massa e la reclusione nei campi di
concentramento in Libia come in Marocco, sono la risposta che l’Europa di
Schengen ha scelto di voler dare alla questione della migrazione.
Nell’odierno clima di propaganda xenofoba si inserisce l’aggressione
squadrista di venerdi’ scorso a Villa Gordiani ai danni di membri della
comunita’ bengalese, un’intimidazione razzista legittimata
dall’ostilita’ e l’ostruzionismo attraverso cui le istituzioni locali
(Comune e Municipio VI) hanno posto ripetuti ostacoli burocratici ai
festeggiamenti del capodanno Bangla non garantendo la liberta’ di
espressione di migliaia di cittadini di Roma e innescando una spirale di
odio per il diverso.

Negli ultimi due mesi solo nel centro di Ponte Galeria hanno perso la vita
un uomo (Salah Souidani) e una donna (Nabruka Mimuni), entrambi vittime
della brutalita’ della Polizia di Stato e della complice indifferenza della
Croce Rossa Italiana. Sono questi due apparati militari a dividersi la
responsabilita’ della gestione di questo lager della democrazia, in
qualita’ di esecutori materiali delle politiche di discriminazione e
sterminio applicate all’interno e all’esterno di esso.

In entrambe le occasioni i prigionieri e le prigioniere del C.I.E. hanno
dato inizio ad uno sciopero della fame e dieci giorni dopo la morte di
Nabruka riescono ad evadere due persone delle tre che ci avevano provato,
mentre all’interno la polizia si accanisce su un recluso a caso, pestandolo
a sangue.

Per venerdi’ 29, durante i giorni del G8 su sicurezza e immigrazione,
lanciamo un appello cittadino a partecipare ad un presidio solidale sotto
al C.I.E. di Ponte Galeria, con amplificazione e microfono aperto agli
interventi di chiunque voglia comunicare con i/le reclus*.

Facciamo sentire a chi e’ prigionier* dietro quelle sbarre la
solidarieta’ di tutt* coloro che non sono piu’ dispost* a tollerare
l’esistenza di questi lager, ne’ le torture e gli omicidi di stato che si
vorrebbero occultare al loro interno.

L’appuntamento è dalle 17 nel parcheggio della fermata “Fiera di Roma” del
trenino per fiumicino aeroporto (via gaetano rolli lorenzini angolo via
cesare chiodi)

SOLIDARIETA’ CON I/LE MIGRANTI IN LOTTA

CHIUDERE I C.I.E. SUBITO

NESSUNA GALERA, NESSUNA FRONTIERA

CONTRO IL G8 SIAMO TUTTE/I CLANDESTINE/I

Compagne e Compagni antirazziste/i

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