MILANO – 8 AGOSTO: Babele in lotta nel CIE di via Corelli

Una Babele in gabbia, quella che si sta rivoltando a Milano mettendo
in campo uno sciopero della fame e della sete che sembra compatto e
determinato. “Vamonos hasta el final, hasta el final”, dice qualcuno:
arriveremo fino alla fine. Lo sciopero è iniziato alle cinque di
questo pomeriggio e per ora tocca una sezione intera del CIE di via
Corelli più buona parte della sezione femminile. I reclusi protestano
contro le condizioni materiali di vita del Centro ma soprattutto
contro l’entrata in vigore del “Pacchetto sicurezza”: e protestano
nonostante siano ancora convinti che il passaggio dai due ai sei mesi
di detenzione amministrativa toccherà soltanto chi verrà fermato da
domani in poi. E già, perché la strategia utilizzata un po’ in tutta
Italia dai gestori dei Centri per placare gli animi dei reclusi è
mentire sul futuro degli “ospiti”: “voi non c’entrate, voi farete al
massimo due mesi”. Non è così, noi lo sappiamo, ma dentro alle gabbie
molti ci stanno credendo ancora, concentrando su questa menzogna tutte
le proprie speranze. Fra qualche giorno, quando chi si aspetta di
uscire dopo due mesi passati dietro le sbarre si vedrà negare la
libertà ne vedremo delle belle.

Eppure, i reclusi di Milano sono già scesi in sciopero. “Anche per chi
verrà dopo di noi”, dicono, e lo dicono in tutte le lingue del mondo.
E già perché la Babele che sta rinchiusa nelle gabbie sta trovando la
forza per esprimersi, e ci tiene a farlo. Sembrano non esserci più le
vecchie divisioni per nazionalità o lingua, che bene o male hanno
segnato la storia delle lotte nei Centri anche recentemente. Ora gli
appelli alla lotta e alla solidarietà vengono pronunciati in italiano,
in arabo, in castigliano, in edo, in rumeno, in albanese – nessuno
potrà più dire di non averli afferrati. Ognuno con le sue storie, ed
ognuno con la sua lingua: ma tutti assieme per lottare.

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