BOLOGNA e MILANO – 17.03.10: La polizia stupra… La questura…

  • Bologna: mercoledì 17 alle ore 17.00 sotto le Due Torri, presidio per impedire la deportazione di Joy
  • Milano: mercoledì 17 alle ore 18.00, volantinaggio in piazzale Cadorna davanti alla stazione nord

LA POLIZIA STUPRA… LA QUESTURA DEPORTA!!

Luglio 2009: Joy, una ragazza nigeriana rinchiusa nel centro di identificazione ed espulsione di via Corelli a Milano, subisce un tentativo di stupro da parte dell’ispettore capo di polizia Vittorio Addesso. La sua determinazione e quella della sua compagna di stanza, Hellen, riescono ad allontanare l’uomo.

Agosto: scoppia una rivolta nel CIE, a cui partecipano tutti i detenuti. Vengono arrestati nove uomini e cinque donne. Tra queste anche Joy ed Hellen, dopo essere state umiliate e picchiate dal solerte aguzzino e stupratore Addesso. Dopo sei mesi di carcere, e la deposizione della denuncia per tentato stupro da parte di Joy, tutte le ragazze vengono rinchiuse un’altra volta in un CIE, in attesa del rimpatrio coatto verso i paesi d’origine.

Il 15 marzo Joy è stata trasferita dal CIE di Modena a quello di Ponte Galeria a Roma, insieme a molte altre donne nigeriane. Ieri il console nigeriano è entrato nel CIE per identificare una decina di ragazze. Sappiamo bene cosa significa questo: l’espulsione a brevissimo termine. Domani tornerà per finire il loro lavoro mercenario, identificazione e espulsione in cambio di soldi. Entro un paio di giorni le vogliono espellere tutte: una vera e propria deportazione di massa.

Già da giorni giravano voci riguardo alle pressioni da parte della questura di Milano perché Joy venisse espulsa. Pur di proteggere Vittorio Addesso, i suoi colleghi sono disposti ad agire nelle maniere più vili.

Come il 25 novembre scorso quando, manganelli alla mano, hanno più volte caricato un presidio di donne che volantinavano alla stazione Cadorna di Milano per denunciare che i CIE sono luoghi di tortura per tutti i reclusi, e che se i reclusi sono donne tortura vuole dire anche abusi sessuali da parte dei guardiani.

O come quando, nella notte fra l’11 e il 12 febbraio, la questura ha deciso di far "sparire" le cinque ragazze dalle carceri in cui erano rinchiuse per riportarle nei CIE, solo per non far loro incontrare i numerosi solidali che già dalla mattina attendevano la loro scarcerazione.

Oggi la questura spinge per l’espulsione di Joy e con lei si libera anche di quella fastidiosa denuncia che porterebbe alla luce tutte le nefandezze che ogni giorno avvengono, con l’avallo e la complicità di polizia e croce rossa, in questi moderni lager per immigrati chiamati CIE.

La storia di joy ci dimostra come gli apparati repressivi e di controllo dello stato esigano soprattutto che i ricatti sessuali che ogni donna e trans subisce dentro i CIE rimangano taciuti. La forza che hanno dimostrato Hellen e Joy fa paura, perché è la forza che smaschera la verità di quello che accade dentro le mura di quei lager per migranti. Gli aguzzini che li controllano stanno facendo di tutto per impedire che questo precedente apra un varco o una breccia in quelle mura.

Che nessuno/a ci venga più a dire che in Italia ci sono leggi contro la violenza sessuale e lo stalking e che è necessario denunciare. Chiunque ancora lo pensa, da oggi in poi si ricordi bene questo: le forze dell’ordine hanno licenza di stuprare, anche grazie alle coperture di cui godono e grazie a un apparato istituzionale connivente.

I cie sono luoghi di tortura fisica e psicologica per tutti i reclusi: le persone vengono picchiate, costrette a prendere psicofarmaci, private della loro libertà solo perchè non provviste di un regolare pezzo di carta chiamato permesso di soggiorno; e dove le donne subiscono continue molestie sessuali fatte di battute sessiste, sguardi obliqui delle guardie uomini, fino ai veri e propri tentativi di stupro.

Nessuna pace per chi stupra e molesta le donne e con chi gestisce questi CIE, tanto più se lo fa forte della divisa che indossa e delle connivenze di cui gode!!!
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ROMA – 18.03.10: Lavoratori Africani di Rosarno in p.za S. Apostoli

A.L.A.R. Roma – Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma
 
GIOVEDI 18 MARZO ORE 17
 
PRESIDIO IN P.ZA SANTI APOSTOLI
 
 

 

A seguito del primo incontro interlocutorio avuto il 9 febbraio con la Prefettura di Roma, i lavoratori africani di Rosarno tuttora presenti a Roma indicono una nuova manifestazione – presidio a sostegno della vertenza per il riconoscimento dei loro diritti. L’A.L.A.R. e la rete delle associazioni antirazziste romane hanno prodotto una documentazione circostanziata sugli accadimenti di Rosarno del gennaio scorso, corredata dalla situazione legale di tutti coloro che sono arrivati nella capitale dopo l’allontanamento forzato dalla piana di Gioa Tauro.
Giovedi 18 Marzo saremo di nuovo in Prefettura per rappresentare al Prefetto le richieste di regolarizzazione avanzate nell’incontro precedente.
 
A più di due mesi dalla diaspora di Rosarno nessuna risposta è ancora stata formulata dalle istituzioni. Alcuni hanno trovato ospitalità provvisoria nelle strutture di movimento mentre molti altri sono tuttora in strada privi delle più elementari forme di tutela. Tutti hanno presentato formale richiesta di protezione umanitaria, in ragione delle situazioni oggettive di pericolo e di persecuzione nei loro paesi d’origine, rinforzate dalle condizioni di sfruttamento para-schiavistico vissute nella campagne calabresi e dai relativi traumi psicofisici riportati come esito drammatico delle aggressioni subite.
 
Il governo di questo paese, che ha “premiato” con un permesso di soggiorno solo undici tra i tanti che sono stati oggetto di violenze, deve assumersi la responsabilità di sanare la posizione legale di tutti gli altri, rispondendo con altrettanta urgenza alle legittime richieste di accoglienza e di lavoro regolare che l’Assemblea ha già presentato con estrema chiarezza a tutte le istituzioni ed all’intera città. Riteniamo che chi ha avuto il merito di scoperchiare il vaso di Pandora dello sfruttamento del lavoro immigrato nelle campagne del belpaese, che consentono all’industria agro-alimentare di mantenersi competitiva e di far profitti sulla pelle dei lavoratori, abbia già pagato un prezzo altissimo per il proprio coraggio: aggressioni e violenze reiterate negli anni da quella parte della popolazione più reazionaria e collusa con le organizzazioni criminali, miseria e negazione dei diritti più elementari, clandestinità forzata e strumentale fino alla deportazione di massa operata dallo stato per disinnescare la miccia della guerra civile.
 
L’Assemblea dei Lavoratori di Rosarno a Roma e le associazioni antirazziste invitano tutte le realtà cittadine a sostenere con la loro presenza in piazza le richieste di regolarizzazione, di accoglienza, di lavoro regolare, in una parola, di CITTADINANZA, perché sia chiaro a tutti che NON SI PUÒ PIÙ STARE A GUARDARE mentre la crisi erode diritti e spazi di libertà e il razzismo impazza legittimato da leggi da ventennio fascista.
 
TUTTI DEVONO FARE LA LORO PARTE ed assumersi la responsabilità di quel che accade sotto i nostri occhi. Che nessuno possa più dire di non aver saputo e di non aver visto. Noi siamo qui a ricordarvelo ed a CONVOCARVI TUTTI per la nostra e vostra stessa legittimità ad esigere rispetto e diritti per tutti.
 
e-mail: alar.roma@gmail.com
 
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Joy racconta la sua storia dal CIE di Ponte Galeria

Joy racconta la sua storia dal CIE di Ponte Galeria
Tuesday, 16 March 2010 17:21
da http://radiocane.info

Stamattina Joy è stata trasferita dal CIE di Modena a quello di Ponte Galeria, il più vicino a Fiumicino, l’aereoporto da cui partono i voli per la Nigeria.
Anche dal CIE di via Corelli diverse recluse sono state identificate dal Console nigeriano e trasferite nello stesso CIE.
C’è la seria possibilità che stiano preparando l’ennesimo volo charter carico di "clandestini" da espellere.

La permanenza in carcere e nel CIE di Modena aveva impedito a Joy di prendere la parola in prima persona, ma la sua storia ha fatto il giro d’Italia e non solo, non perché il suo sia un caso eccezionale ma perché paradigmatico di una condizione comune a molte donne rinchiuse nei CIE e perché esempio di rivolta e autodeterminazione.

Ora è lei a raccontarci la sua storia, e lo fa direttamente, senza intermediari.
Dalla sua voce apprendiamo cosa l’aspetta in Nigeria: la vendetta degli sfruttatori a cui si è ribellata.
Restare a guardare significa essere complici di tutto questo.

Ascolta e agisci:

 

 

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Vogliono espellere Joy entro un paio di giorni!

Vogliono espellere Joy entro un paio di giorni!

Ieri Joy è stata trasferita dal Cie di Modena a quello di Ponte Galeria.
Sappiamo bene cosa significa questo: che entro un paio di giorni la vogliono espellere.
Pare che proprio ieri a Ponte Galeria sia entrato qualcuno dell’ambasciata nigeriana per fare i riconoscimenti di una decina di nigeriane, azione che prelude sempre all’espulsione a brevissimo termine.
Dunque le voci che giravano riguardo alle pressioni della questura di Milano perché Joy venisse espulsa – nonostante avesse intrapreso un percorso per ottenere l’articolo 18 come vittima di tratta – sono confermate.
Non è bastato alla questura di Milano ‘far sparire’, nella notte fra l’11 e il 12 febbraio, le cinque ragazze dalle carceri in cui erano rinchiuse per riportarle nei Cie. Pur di proteggere Vittorio Addesso, i suoi colleghi sono disposti ad agire nelle maniere più vili.
La storia di Joy ci dimostra come gli apparati repressivi e di controllo dello Stato esigano soprattutto che i ricatti sessuali che ogni donna e trans subisce dentro i Cie rimangano taciuti.
La forza che hanno dimostrato Hellen e Joy fa paura, perché è la forza che smaschera la verità di quello che accade dentro le mura di quei lager per migranti. Gli aguzzini che li controllano stanno facendo di tutto per impedire che questo precedente apra un varco o una breccia in quelle mura.
E che nessuno/a ci venga più a dire che in Italia ci sono leggi contro la violenza sessuale e lo stalking e che è necessario denunciare. Chiunque, da oggi in poi, ancora lo pensa si ricordi bene questo: le forze dell’ordine hanno licenza di stuprare anche grazie alle coperture di cui godono e di un apparato istituzionale connivente.

Ci troverete dappertutto, più che mai inferocite e schifate dalla vostra miseria e dalla vostra viltà!

NESSUNA PACE PER CHI STUPRA E MOLESTA LE DONNE, TANTO PIU’ SE LO FA FORTE DELLA DIVISA CHE INDOSSA E DELLE CONNIVENZE DI CUI GODE!!!

http://noinonsiamocomplici.noblogs.org

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ROMA – 16.03.10: Corteo contro il razzismo a Magliana

Il 14 Marzo, alle 20.30, nel quartiere della Magliana (Roma) un gruppo di 15 ragazzi italiani sono entrati ,col volto coperto, in un ristorante gestito da bengalesi. Armati di spranghe, hanno devastato il locale e ferito quattro persone, urlando frasi razziste.

La comunità bengalese ha indetto un corteo per il giorno
16 marzo 2010

ore 17.00


partenza da via Murlo 7 (Magliana, Roma)

La manifestazione attraverserà le vie del quartiere per dire
NO AL RAZZISMO E ALLA XENOFOBIA
 
 
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Ponte Galeria: la rabbia, il coraggio e la dignità

Ponte Galeria: di fronte a torture, abusi e segregazione,
la rabbia, il coraggio e la dignità dei prigionieri e delle prigioniere
 
Sin dalle 11.00 del mattino, sabato 13 marzo 2010 è stata un’intensa giornata di lotta e di solidarietà, dentro e fuori il C.I.E. di Ponte Galeria.
Già prima di arrivare, alcune fermate della linea ferroviaria Roma-Fiumiciono che precedono la fermata "Nuova fiera di Roma" sono state invase da una miriade di foto raffiguranti l’interno dei nuovi lager della democrazia, per rendere direttamente percepibile cosa rappresentano i centri di identificazione ed espulsione.
Da subito l’ottusità poliziesca si è palesata con la richiesta di documenti e l’invito a interrompere l’attacchinaggio.
 
All’arrivo di fronte al C.I.E., dai microfoni del sound è cominciato l’assedio sonoro che ha espresso le differenti voci dei/delle solidali in molteplici lingue. Da quel momento è andata sempre crescendo la comunicazione tra dentro e fuori.
Due le forme di sostegno diretto a chi è internato/a quotidianamente: la prima è stata una cassa benefit destinata alle spese processuali di Hellen e Florence, due delle ribelli condannate per la rivolta dello scorso agosto nel C.I.E. di Milano. La seconda è stata la consegna di due pacchi contenenti bevande e cibo che, solo dopo una pressione determinata da parte dei/lle solidali, sono stati lasciati entrare. Consegnare cibo "pulito" significa recapitare sostanze non contaminate da psico-farmaci, calmanti e simili.
 
Mentre da fuori crescevano le urla di rabbia, il coraggio e la voglia di libertà dei/lle prigionieri/e si è concretizzata in un’escalation di azioni che hanno portato a una vera e propria rivolta.

Dapprima diverse colonne di fumo hanno iniziato a erigersi nel cielo da differenti punti all’interno del campo di concentramento.

Poco dopo l’invisibilità dei/lle reclusi/e veniva infranta occupando fisicamente i tetti delle celle e lanciando al cielo urla, gesti, corse e danze liberatorie.
In questa maniera, circa 30 persone hanno deciso d’innalzarsi al di sopra delle mura e delle sbarre che li circondano per una buona mezz’ora, prima di ricevere la prima intimidazione da parte della polizia.
Subito dopo un altro tetto di uno dei padiglioni di quell’infame lager veniva invaso da un’altra ventina di persone che, tenacemente, per circa tre ore, sono state sopra il tetto e sopra le inferriate di recinzione che dividono le sezioni l’una dall’altra.
Durante quelle ore, per la disperazione e purtroppo per la consapevolezza che solo compiendo degli atti estremi possa emergere pubblicamente la loro situazione, quattro dei reclusi che si trovavano sul tetto hanno cominciato a infliggersi delle ferite sul torace e sulle braccia.
I momenti che si sono susseguiti sono stati molto tesi in quanto, per tentare di non farsi avvicinare da carabinieri e polizia, uno di loro si è legato un cappio al collo minacciando di impiccarsi.
 
Oltre a questi gesti, anche grazie al sostegno dei/lle solidali, la rabbia si è palesata da entrambe le parti in un solo grido: LIBERTA’!
La libertà intanto l’hanno ottenuta tutti gli antirazzisti torinesi arrestati il 23 febbraio scorso, che ora non dovranno più stare in galera o ai domiciliari.
E la libertà se la sono conquistata anche otto reclusi del Cie di corso Brunelleschi a Torino, che nella notte tra giovedì e venerdì scorso sono riusciti a scappare e che finora sono ancora tutti liberi.
 
Allo sciogliersi del presidio la polizia, quando i/le solidali erano già un po’ distanti, ha effettuato una brutale carica nei confronti dei rivoltosi sui tetti. Una carica che è sfociata in inseguimenti sui tetti, manganellate e persone ammanettate.
La pronta risposta dei solidali è stata quella di occupare i binari della stazione “Fiera di Roma”, in entrambi i sensi di marcia, per circa 40 minuti.
Dopodiché si è deciso di prendere il treno in direzione Roma.
 
Alle 19 circa un gruppo di almeno un centinaio di compagni e compagne si è riconcentrato nel piazzale antistante la Stazione Trastevere, per partire immediatamente in un corteo spontaneo e non autorizzato che, aperto dallo striscione “Chiudere i lager per migranti – Antirazziste e Antirazzisti contro ogni gabbia”, ha bloccato il traffico su un buon tratto di viale Trastevere. Con il ritmo incessante dei cori e degli interventi al megafono si è cercato di portare all’interno della città la voce della rivolta dei prigionieri di Ponte Galeria, ricordando alla folla dello struscio del sabato sera che alle porte di Roma, per quanto possa essere nascosto bene, continua a esistere un lager. Un lager popolato da individui pronti a ribellarsi nonostante la sproporzione di forze con i propri aguzzini, sostenendone tutte le conseguenze.
L’arrivo dei carabinieri bardati di tutto punto (tanto nervosi e imbizzarriti quanto goffi e scoordinati…), non ha avuto l’effetto di disperdere il gruppo, che ha invece deciso di entrare all’interno delle viuzze del quartiere Trastevere per continuare a comunicare a distanza ancor più ravvicinata con la gente. Confluito a piazza di Santa Maria in Trastevere, dopo una serie di ulteriori interventi al megafono, il corteo si è sciolto.
 
Ripensando ancora quasi a caldo a questa lunga giornata appena trascorsa, non si può non evidenziarne gli aspetti positivi: per un giorno si è riusciti a portare non solo la solidarietà ideale, ma un appoggio concreto a chi vive quotidianamente la realtà repressiva di un centro di annientamento, con le sue sbarre, i suoi muri di cinta, i manganelli dei suoi guardiani e le droghe psichiatriche subdolamente imposte dal suo personale sanitario.
Per un giorno si è riusciti a portare le grida e la rabbia di chi non è disposto a tollerare questo lager anche per le strade di una città che non vuol vedere né sentire, interrompendo per qualche ora la monotonia della sua routine consumistica.
Ma ripensando alle azioni di rivolta compiute sotto i nostri occhi dai prigionieri di Ponte Galeria, al loro coraggio così “sopra le righe” (o meglio, “sopra le sbarre”…) rispetto alla realtà sociale rassegnata e anestetizzata in cui si annaspa ogni giorno, sappiamo di essere chiamati a un impegno ancora maggiore, che possa avvicinare noi e loro al mondo senza gabbie che portiamo nel cuore.
 
È tempo che questa città respinga con forza la presenza dei campi di concentramento, intollerabili qui come altrove; ognuno trovi i propri modi, ma quello di cui siamo convinti e convinte è che non basterà pretenderne la chiusura, né sperare in illusori “cambi della guardia” ai vertici di questo stato, poiché se l’attuale destra di governo ha reso i CIE i mattatoi che sono oggi, ad averli istituiti è stato un "sinistro" governo del recente passato. Da parte nostra, e la giornata odierna è stato un tentativo in tal senso, l’unica risorsa che abbiamo a disposizione e di cui ci fidiamo continua a essere l’azione diretta, senza deleghe.
 
NELLA TUA CITTÀ C’È UN LAGER

CHIUDIAMO IL C.I.E. DI PONTE GALERIA


CHIUDERE TUTTI I C.I.E.

Antirazzisti e antirazziste di Roma
 
 

 

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Video del 13 marzo 2010: rivolta a Ponte Galeria

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Foto del 13 marzo 2010 a Ponte Galeria

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ROMA – 14.03.10: Incontro con i lavoratori africani di Rosarno a Roma

DOMENICA 14 MARZO ORE 16.00
INCONTRO PUBBLICO CON
L’ASSEMBLEA DEI LAVORATORI AFRICANI DI ROSARNO A ROMA
 
Da quasi due mesi, a Roma, alcune centinaia di lavoratori africani si aggirano per la città. Dormono per strada, o in ricoveri di fortuna, evitando come possibile di farsi notare, raccogliendosi come possono sui marciapiedi dell’inverno capitolino, senza potersi lavare, senza potersi cambiare, senza neppure i soldi per telefonare a casa.
Sono i lavoratori africani cacciati da Rosarno. Sono giovani uomini che hanno lasciato paesi devastati da un’economia malata e da guerre civili, hanno attraversato il deserto e il mare prima di approdare sulle nostre coste. Ad accoglierli hanno trovato le nostre leggi che difficilmente consentono loro una forma di regolarizzazione, ma che anzi li rendono rei e punibili. Quindi anche ricattabili, sfruttabili, invisibili… privi di diritti.
A Rosarno, da circa vent’anni, i braccianti arrivano in autunno, sempre più numerosi, per raccogliere arance e mandarini. 25 euro al giorno, questo il loro prezzo. Tanto basta a comprare la loro fatica, giorno per giorno, a fargli sopportare il freddo dentro i relitti di industrie mai nate, stipati in capannoni col tetto d’amianto, senza elettricità, né riscaldamento. Tanto, 25 euro, bastano a portarli all’alba lungo la statale in attesa di qualche macchina che li carichi per portarli tra gli agrumeti, ad alimentare col proprio sudore un’economia agricola strozzata dal mercato e dai monopoli della grande distribuzione.
La sera del 7 gennaio 2010 alcuni ragazzi africani vengono colpiti dai proiettili di un fucile ad aria compressa e finiscono in ospedale. Ne segue una rivolta. I braccianti sono esasperati, scendono in strada per urlare la loro rabbia. Distruggono i cassonetti, le auto e le vetrine che incontrano.
Gli ultimi degli ultimi si ribellano a una condizione denunciata a più riprese, giudicata intollerabile dalle stesse istituzioni, ma la loro ribellione non è comunque considerata ammissibile. Caricati a centinaia in autobus, i braccianti vengono abbandonati nei Centri di Identificazione di Crotone e Bari. Le strutture fatiscenti che li ospitavano vengono distrutte e a Rosarno torna la quiete.
Prima sfruttati, poi aggrediti, quindi deportati, i braccianti si sono ritrovati senza più un luogo dove stare, senza più lavoro, senza aver ricevuto la paga che spettava loro, dispersi in varie città italiane, di nuovo invisibili. Ma non tutti.
Alcuni di loro, finiti a Roma, hanno deciso di reagire, di esigere giustizia, dignità e diritti.
Ospiti di alcune realtà di movimento, si sono riuniti e organizzati. Il 30 gennaio 2010 hanno costituito l’Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma e hanno prodotto un documento in cui denunciano la propria condizione.
Non lasciamoli soli!
La loro lotta è la nostra lotta, in quanto lavoratori e lavoratrici, in quanto cittadini/e, in quanto esseri umani.
Alcuni di loro dormono ancora alla stazione Termini. Hanno bisogno di tutto. Sia di aiuti materiali (vestiti, cibo, beni di prima necessità), sia di sostegno nelle loro richieste: regolarizzazione, accoglienza e lavoro
 
PERMESSO DI SOGGIORNO
per avere la possibilità di lavorare con un contratto regolare
 
ALLOGGIO E LAVORO
perché le istituzioni si assumano la responsabilità di averli deportati e poi abbandonati
 
DISCUTIAMONE INSIEME
DOMENICA 14 MARZO ORE 16.00
 
INCONTRO PUBBLICO CON
L’ASSEMBLEA DEI LAVORATORI AFRICANI DI ROSARNO A ROMA
DIBATTITO CON PROIEZIONE DI VIDEO E TESTIMONIANZE
A SEGUIRE APERITIVO CALABRESE CENA AFRICANA E MUSICA
 
AL CSOA EX-SNIA VISCOSA, VIA PRENESTINA 173
 
partecipano e promuovono:
 
Assemblea dei lavoratori africani di Roma – alar.noblogs.org
alcuni lavoratori africani di castel volturno
Comitato dei senegalesi di via campobasso (Roma – Pigneto)
Osservatorio antirazzista Pigneto Tor Pignattara – www.6antirazzista.net
Comitato di Quartiere Pigneto Prenestino – www.lapigna.info
Sinistra Critica Pigneto
Csoa exSnia – www.exsnia.it
 
Per contatti: alar.roma@gmail.com
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ROMA – 13.03.10: TUTTI/E A PONTE GALERIA

 
CONTRO I CENTRI DI DETENZIONE PER IMMIGRATI
CONTRO IL LAGER DI PONTE GALERIA
SOLIDARIETÀ CON CHI SI RIBELLA

IL 13 MARZO ANDREMO ANCORA UNA VOLTA SOTTO AL CIE DI PONTE GALERIA, PER ESPRIMERE LA NOSTRA RABBIA CONTRO LA RECLUSIONE DEGLI IMMIGRATI E LA NOSTRA SOLIDARIETÀ CON CHI LOTTA CONTRO I CENTRI D’IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE.

Gli immigrati hanno denunciato più volte le pessime condizioni di vita nei CIE: cibo avariato, impianti di riscaldamento inesistenti, materassi insufficienti, mancanza di coperte e carta igienica. Il servizio sanitario è completamente assente: i medici ignorano i bisogni urgenti dei reclusi e gli somministrano psicofarmaci nel cibo per calmare e sedare chi si lamenta. I carcerieri, militari e crocerossini, dalla loro posizione di potere, rispondono a ogni protesta con la violenza e sfruttano il disperato desiderio di libertà di chi è recluso attraverso molestie e ricatti sessuali nei confronti delle donne e delle trans. Dopo un tentativo di stupro da parte dell’ispettore di polizia del CIE di via Corelli a Milano, le immigrate e gli immigrati reclusi nel centro si sono ribellati. Sono mesi che nei CIE di tutta Italia si susseguono scioperi della fame, battiture e forme di autolesionismo come protesta.

La repressione verso chiunque alzi la testa crea un cerchio senza uscita che porta gli immigrati dal CIE al carcere e dal carcere al CIE, disperdendo volta per volta chi si è ritrovato insieme nelle proteste, per spezzare la forza e i rapporti solidali che nascono nella lotta. Chi si ritrova da solo con la sua disperazione – nel terrore di continuare a vivere in questi lager e pur di non essere rispedito nel luogo da cui è partito (spesso paesi in miseria e in guerra) per un’illusoria ricerca di un benessere – trova come unica via d’uscita il suicidio. Siamo solidali con tutti e tutte coloro che non vogliono più accettare passivamente lo sfruttamento e la reclusione, denunciando e ribellandosi contro le condizioni in cui vivono.

Da tempo il CIE di Ponte Galeria si trova in un limbo amministrativo, perché l’appalto che affida la gestione alla Croce Rossa è scaduto ma viene rinnovato di mese in mese, e nel frattempo nessuno si preoccupa di realizzare i necessari lavori di manutenzione. Si prospetta l’ipotesi di un trasferimento in una nuova struttura e un cambiamento di gestione che vedrà la società di servizi “Auxilium” prendere il posto della Croce Rossa. Ma la soluzione non è né il miglioramento né il trasferimento. Non accettiamo la presenza di un lager nella nostra città. Non accettiamo le politiche razziste sull’immigrazione, che decidono sulla vita delle persone trattandole come se fossero delle merci. Non accettiamo che la scelta del posto in cui vivere sia dettata dal mercato globale del lavoro, che decide chi, quando e dove sfruttare.

Conosciamo le condizioni, ai limiti del sopportabile, in cui vivevano gli africani che lavoravano a Rosarno, condizioni sicuramente estese e diffuse tra i lavoratori stagionali. Rompere la pace sociale e ribellarsi – a Rosarno come altrove – è il primo passo per distruggere lo schiavismo capitalista e ogni forma di sfruttamento.

Contro le frontiere, per la libera circolazione delle persone. Contro tutte le prigioni, lottiamo per chiudere i CIE. Solidarietà con i migranti e le migranti in lotta. Solidarietà con i ribelli del CIE di Vincennes e con i compagni arrestati a Torino come a Parigi per la loro solidarietà con gli immigrati.

sabato 13 marzo 2010
appuntamento alle 10.00 alla Stazione Ostiense
oppure alle 11.00 alla fermata Fiera di Roma del treno per Fiumicino-Aeroporto

Antirazziste e antirazzisti contro i CIE
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