Ma come funzionano le visite dei Parlamentari e dei giornalisti dentro ai Cie italiani? Come fanno a controllare che non ci siano maltrattamenti, che si mangi in maniera decente, che i cessi funzionino, che non ci siano troppi topi, che nessuno “scompaia” misteriosamente…
Semplice: si va nella stanza del direttore del Centro, un paio di domande a lui e poi qualcuna anche ad un paio di reclusi. Reclusi che sceglie il direttore, ovviamente: i suoi pupilli. Presi un po’ di appunti, si distribuisce qualche pacca sulle spalle e poi fuori all’aria aperta: pizza e comunicato stampa. “Nel Cie va tutto bene. Forse c’è un po’ di sovraffollamento, ma la direzione fa del suo meglio per assicurare una permanenza decente agli ospiti…”
Il racconto, in realtà, è inesatto. Perché due giornalisti un giretto se lo sono fatto – e senza Parlamentari – ma solo nella sezione femminile. “Delle occhiatacce” – ci hanno raccontato alcune detenute al telefono – “delle occhiatacce ci davano i crocerossini per farce stare zitte”. E invece le donne non sono state zitte e hanno portato i visitatori anche dentro alcune camerate. “Rosicavano, i crocerossini, rosicavano, soprattutto quando questi hanno cominciato a fotografare”. Tanto che in serata nelle camerate si temevano vendette. Che per ora, per fortuna, non ci sono state.
11 agosto. Ed eccoli i risultati della visita di Vincenzo Vita e dei giornalisti a Ponte Galeria, sulla prima pagina de “La Repubblica”. Il Centro è affollato, ma non così tanto come denunciava la settimana scorsa il Garante dei detenuti. Un “piccolo giallo”, secondo i giornalisti del quotidiano romano. Evidentemente nessuno li ha informati che una cinquantina di reclusi – soprattutto centroafricani – sono stati rilasciati nei giorni scorsi, improvvisamente e in blocco, forse proprio in vista della loro visita. E poi è vero che le lenzuola della sezione femminile sono sporche, ma nell’articolo non c’è traccia né di topi, né di merda che trabocca né di vermi nel cibo, né di guardie che ti pigliano per il culo quando ti lamenti: eppure sono proprio questi i leitmotiv dei racconti delle recluse. E soprattutto, la settimana scorsa non è successo niente: nessun pestaggio, nessun recluso portato all’ospedale, nessun gruppo di algerini messi in “isolamento”. Non una riga su questo, neanche per smentire questi racconti che da dietro le sbarre sono stati urlati per giorni interi. Intanto il tempo passa e le voci che ce li hanno portato sono sempre di meno. Dopo l’espulsione degli algerini compagni di viaggio dello scomparso, infatti, questa mattina all’alba la polizia ha deportato J., la cui voce avete ascoltato tante volte su questo sito.