Joy, Helen, Florence, Debbie, Priscilla e tutti i rivoltosi di Corelli non sono più invisibili.
La violenza istituzionale sulla loro pelle non deve passare inosservata.
La solidarietà è un’arma!
Invitiamo tutti e tutte sabato 13 febbraio alle 10.00 alla stazione Ostiense per andare in treno davanti al CIE di Ponte Galeria.
Saluteremo Helen e Florence che stanno per essere deportate a Ponte Galeria ed esprimeremo sostegno ai reclusi e alle recluse in sciopero della fame nei CIE di Roma, Torino, Milano e Bari.
Assemblea dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma
La data della scarcerazione per Joy e le altre si avvicina – il 12 febbraio prossimo – ma nel frattempo un evento tragico rende evidente il rischio che le ragazze corrono: venire di nuovo rinchiuse in un Cie.
A portare alla luce questo rischio è il suicidio di uno dei migranti condannati in quel processo, Mohammed El Abouby, nel carcere di San Vittore. Mohammed si è suicidato in carcere con il gas dopo avere saputo che sarebbe stato nuovamente deportato nel Cie milanese dopo la scarcerazione, il 12 febbraio, e questo l’ha spinto a farla finita.
L’intrappolamento nel meccanismo Cie-carcere-Cie è, infatti, uno degli aspetti del razzismo di Stato che moltiplicherà le vittime della violenza sancita per legge.
A questo punto ci chiediamo cosa potrebbe succedere se Joy ed Hellen all’indomani della scarcerazione, il prossimo 12 febbraio, verranno portate in qualunque Cie d’Italia. Se tornano in quello di Milano ritrovano Vittorio Addesso & C.; se vengono mandate in un altro Cie, si troveranno davanti altri gestori dell’ordine, colleghi loro, che sanno chi sono le ragazze e che coraggio hanno avuto… E allora cosa potrebbe accadere?
A fronte di tutti i discorsi ipocriti e razzisti di politici e mass-media sulla violenza contro le donne, negli scorsi mesi in diverse città ci siamo mobilitate per denunciare gli abusi e le violenze contro le immigrate e gli immigrati nei Cie.
A Milano il presidio organizzato il 25 novembre da un gruppo di compagne ha subito tre violente cariche della polizia. Nonostante fosse stato organizzato in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, le forze dell’ordine non volevano che venissero denunciati gli stupri nei Centri di identificazione ed espulsione ad opera dei loro colleghi in divisa.
Ad una settimana dalla scarcerazione, l’avvocato di Joy scopre di essere stato revocato e che al suo posto è stata nominata un’avvocata d’ufficio.
Non sappiamo quali pressioni e ricatti abbia subito Joy per arrivare a questa scelta, ma una cosa è certa: qualcuno ha molto interesse ad insabbiare tutta questa vicenda e, per fare ciò, sta cercando di isolare in tutti i modi Joy e le altre da chi ha espresso loro, fattivamente, solidarietà in questi mesi.
Ma la nostra solidarietà deve continuare a tradursi in concretezza, non possiamo permettere che Joy ed Hellen tornino nelle mani dei loro aguzzini. Nasce così la campagna “Ribellarci è giusto”, a sostegno di Joy e delle sue compagne.
Col pretesto della "sicurezza", le donne migranti vengono rinchiuse in lager in cui ricatti e abusi sessuali sono all’ordine del giorno.
Col pretesto della "sicurezza" in Italia stanno verificandosi, nel silenzio generalizzato, abusi degni d’un regime fascista.
Chi non intende essere complice di questo sistema basato sullo stupro e la violenza deve impedire che Joy ed Hellen vengano rimesse nelle mani dei loro aguzzini.
Per info: 327 2029720
Ascolta l’intervista e l’appello
http://noinonsiamocomplici.noblogs.org
complici@anche.no
On demande aux autoritès de ce pays de nous voir et d’entendre nos requètes:
– Nous demandons que le permis de sèjour pour motif humanitaire concèdè aux 11 africains blessès a Rosarno soit conceder aussi à nous tous victimes d’exploitations et de notre condition irrèguliere qui nous a laissè sans travail, abandonnès et oubliès dans la rue.
– Nous voulons que le gouvernement de ce pays prenne ses responsabilitèes et nous garantisse la possibiltè de travailler dignement.
Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare le nostre richieste:
– Domandiamo che il permesso di soggiorno concesso per motive umanitari agli 11 africani feriti a Rosarno, sia accordato anche a tutti noi, vittime dello sfruttamento e della nostra condizione irregolare che ci ha lasciato senza lavoro, abbandonati e dimenticati per strada.
– Vogliamo che il governo di questo paese si assuma le sue responsabilità e ci garantisca la possibilità di lavorare con dignità.
Martedì 2 febbraio 2010 ore 10.00
Piazza S. Marco, Roma
Da più di due settimane, tanti di loro vivono nelle strade della capitale in condizioni di estrema precarietà con il rischio di rimpatri ed espulsioni. E così, da braccianti schiavizzati senza pietà, da vittime della violenza cieca, diventerebbero criminali da punire: sono gli effetti perversi della Bossi-Fini e del Pacchetto sicurezza che fa dei lavoratori stranieri una merce da sfruttare e della clandestinità un comodo alibi.
E così in questi giorni a Roma si consuma una vera e propria emergenza umanitaria che chiama in causa tutti quanti operano nel campo dei diritti e del sociale, ma che chiama in causa in primo luogo le istituzioni locali, affinché diano una concreta risposta di accoglienza. Così come hanno fatto alcune realtà del movimento romano.
La rete romana antirazzista, composta dalle realtà che hanno solidarizzato coi migranti in rivolta promuovendo nelle ultime settimane una mobilitazione plurale, indice assieme ai migranti di Rosarno presenti a Roma una conferenza stampa per rilanciare la vertenza per il riconoscimento dei diritti e dignità dei lavoratori di Rosarno: regolarizzazione e accoglienza immediata.
“Non abbiamo da perdere che le nostre catene”
Le stesse persone costrette a fuggire dalla guerra e dalla devastazione che il grande capitale e i governi occidentali portano nei loro paesi, vengono esposte nella democratica e civile Italia all’asservimento, alla segregazione e al linciaggio, fino alla reclusione nei campi d’internamento chiamati ora CIE, già CPT. Questo è l’esito del cosiddetto “controllo dei flussi” realizzato da Schenghen in poi, con leggi come la Turco-Napolitano, la Bossi-Fini, il Pacchetto Sicurezza. A cui oggi, dopo Rosarno, si aggiunge un nuovo strumento: la deportazione.
Questo è il sistema che consente alla grande distribuzione dei generi alimentari di lucrare, nel quadro delle direttive dell’UE: a Rosarno come nel casertano, nel foggiano, nell’Agro Pontino, nel “ricco nord est” tutti sanno che le maggiori produzioni agricole di questo paese si arricchiscono grazie all’abbattimento del costo della manodopera. Arance, pomodori, fagiolini e tutti i gloriosi prodotti dell’industria alimentare italiana raggiungono le tavole di mezzo mondo grazie al bisogno estremo di lavoro delle masse di giovani immigrati.
Da Bari a Roma, con un biglietto di sola andata. Così circa duecento di questi lavoratori si sono ritrovati nella capitale senza alcun punto di riferimento. Dalle baracche e dagli accampamenti della piana di Gioia Tauro ai portici di via Marsala, a far compagnia alle altre migliaia di persone che già pagano il prezzo del generale impoverimento della popolazione.
La Roma delle istituzioni ha guardato altrove, impegnata com’è a costruire centri commerciali, a fantasticare circuiti di formula 1, a rappresentarsi tristemente nell’ennesimo teatrino elettorale.
La rete di realtà autorganizzate del Pigneto invece ha aperto le porte ad una parte di questi lavoratori, improvvisando un luogo di prima ospitalità all’interno del Centro Sociale ex SNIA, in via Prenestina. Il centro sociale, l’Osservatorio Antirazzista Territoriale, il Comitato di Quartiere, l’associazione Progetto Diritti, l’Assemblea delle donne del consultorio, e tanti altri hanno messo in campo tutte le risorse per garantire una risposta immediata ai bisogni primari attivando, come già accaduto in passato, una rete spontanea di solidarietà che ha coinvolto tutto il territorio.
Lo Sportello legale attivo nel territorio sta lavorando per il riconoscimento dei permessi di soggiorno, Medicina solidale si sta occupando dell’assistenza sanitaria. Questo contesto di solidarietà attiva ha permesso che cominciasse un percorso di autorganizzazione, concretizzatosi nella prima ASSEMBLEA DEI LAVORATORI AFRICANI DI ROSARNO A ROMA, che da questo momento diventa il luogo centrale delle prossime mobilitazioni.
Ma non basta. Bisogna denunciare i responsabili politici di questa vergogna. Lo stesso governo che ha deliberatamente lasciato migliaia di lavoratori nelle inumane condizioni delle tante Rosarno d’Italia, oggi ignora la condizione di profughi che ha creato con la deportazione. Senza casa, senza lavoro, senza reddito alcuno. Le istituzioni avrebbero poteri, responsabilità e risorse per garantire il diritto di questi lavoratori ad un’ospitalità degna.
Le azioni di solidarietà vanno tradotte immediatamente in percorsi di lotta. I lavoratori africani di Rosarno hanno alzato la testa, tra i pochi in questo paese narcotizzato. Insieme a loro intendiamo porre il problema alla città ed alle sue istituzioni per rivendicare quello che spetta loro di diritto:
PERMESSI DI SOGGIORNO, ALLOGGI DIGNITOSI, ASSISTENZA SANITARIA, UN LAVORO REGOLARE PER TUTTE LE VITTIME DELLA “CACCIA AL NEGRO” E DELLA DEPORTAZIONE DI ROSARNO.
a pochi giorni dai fatti vergognosi di rosarno e contro il pugno duro del governo che ordina espulsioni di massa, ma vero responsabile di quanto accaduto:
ARANCE INSANGUINATE AL SENATO
durante l’audizione del ministro dell’interno maroni al senato oggi martedì 12 gennaio, le associazioni antirazziste e le comunità migranti di roma saranno al senato a ribadire la solidarieta’ con i migranti di rosarno:
* contro la clandestinità, il lavoro nero e lo sfruttamento nei campi agricoli
* per il permesso di soggiorno per quanti sfruttati e ridotti in schiavitù
* per la riapertura della regolarizzazione dei migranti sans papiers
* per un piano concreto di accoglienza